Live Report Anathema + Amplifier @ Alcatraz
Milano, 30/04/2012
Aprile volge ormai al termine ma la primavera non ne vuole sapere di arrivare, a metà mattinata scoppia un diluvio di dimensioni quasi bibliche e le nuvole tingono Milano di grigio. Sembra una giornata di pieno autunno, una giornata che mi ricorda che sono passati ormai tanti anni da quell’Ottobre del 2008 in cui per l’ultima volta ho visto gli Anathema dal vivo in quello che un tempo fu il Rolling Stone. Il mal tempo non scoraggia quei pochi intrepidi che, incuranti della pioggia, attendono l’inizio del concerto già dal primo pomeriggio in compagnia dei classici banchetti di merchandising tarocco, ormai una costante di ogni concerto che si rispetti. La gente arriva lentamente all’Alcatraz, le transenne vengono piazzate molto prima dell’apertura dei cancelli e il tempo clemente decide di premiare la pazienza degli astanti con qualche sprazzo di cielo azzurro che fa timidamente capolino dalla
fitta coltre di nubi grige. La pioggia concede finalmente una tregua e due dei fratelli Cavanagh (Jamie e Danny) si avventurano fuori dalla venue, ma mentre il primo pare non volersi concedere ai fan e fila dritto verso il tour bus (forse indispettito da quelli che lo chiamavano col nome del fratello gemello Vincent) il secondo si intrattiene ben volentieri con i suoi ammiratori scattando foto e firmando autografi.
Con puntalità disarmante i cancelli vengono aperti alle 19.00 in punto e la fila (notevolmente aumentata nel corso delle ore) affluisce ordinatamente all’interno dell’Alctraz distribuendosi in poco tempo sia davanti al palco che sul balconcino rialzato dietro al mixer, meta preferita di tutti quelli che preferiscono godersi lo show lontani dalla calca. Sul palco ancora buio e nero risalta il logo degli inglesi Amplifier, una piovra bianca già apparsa in precedenza sulla copertina del loro terzo album intitolato The Octopus. La band di Manchester si presenta al pubblico senza troppi preamboli, e pur non essendo conosciuti da molti posso affermare con certezza che la loro esibizione è stata apprezzata da tutti, sottoscritto compreso. Il parterre non ancora totalmente gremito non scoraggia la formazione inglese che domina la scena in modo elegante e disinvolto concentrandosi sui pezzi estratti sia dalla loro ultima fatica che dal resto della loro discografia, regalando un’atmosfera rock potente e piena di energia in cui vistose influenze progressive e maestose distorsioni lasciano tutti a bocca aperta. Il livello esecutivo è molto alto e gli Amplifier concedono una performance impeccabile (qualcuno fra il pubblico afferma a gran voce "avreste dovuto essere voi la band principale", guadagnandosi un sobrio ed inglese "grazie" da parte del vocalist Sel Balamir, ndr.) che niente ha da invidiare alle band più famose e rodate, ma il loro show per quanto straordinario possa essere è solo l’antipasto per quella che sarà la grande portata nel menù musicale della serata.
Le luci dell’Alcatraz si accendono e il palco viene preparato per la band di Liverpool, il cui nome viene
acclamato a gran voce da tutti i fan presenti. Quando il buio cala nuovamente gli Anathema fanno il loro ingresso in scena ed il locale ormai pieno li accoglie con tutto l’affetto ed il calore che il pubblico italiano è sempre capace di regalare ai Cavanagh. Ci troviamo subito catapultati nel sound etereo del nuovo album Weather Systems quando la band apre il concerto con la bellissima "Untouchable part 1" seguita dalla toccante "Untouchable part 2", in cui le voci di Vincent Cavanagh e Lee Douglas si fondono in un malinconico duetto che arriva dritto al cuore degli spettatori. La voce della Douglas domina la scena nella successiva "Lightning song" che spiana nuovamente la strada al carisma di Vincent nella delicata "Thin air", traccia d’apertura del disco del 2010 We’re Here Because We’re Here seguita immediatamente da uno dei pezzi più emozionanti che gli Anathema abbiano mai composto, il pubblico infatti esulta quando il pianoforte della new entry Daniel Cardoso introduce le prime note di "Dreaming light". Con un improvviso salto nel passato ci ritroviamo nel 1999 mentre risuonano nell’aria tre pezzi estratto dall’album Judgement, l’ormai classica "Deep" seguita da due pezzi che la band ha ripescato dal suo repertorio dopo anni di silenzio, "Emotional winter" e "Wings of God".Chiusa questa parentesi nostalgica il concerto segue il suo normale svolgimento alternando i pezzi degli ultimi due dischi, "A simple mistake", "The storm before the calm" e "Universal" si susseguono fino a culminare nella grandiosa "The beginning and the end", pezzo che unisce l’anima più rock degli Anathema ad un testo e una melodia pieni di grande malinconia. Sulle note di "Panic" l’Alcatraz si scatena in un ballo sfrenato che viene smorzato solo dalla successiva ed intensa "Flying", durante la quale sotto richiesta di Danny le luci del locale vengono spente e il pubblico illumina il palco con accendini e cellulari. "Internal Landscapes" è l’ultimo pezzo del nuovo album ad essere eseguito live durante lo show spianando così la strada ad un encore concentrato esclusivamente sui vecchi pezzi della band. "Closer" e "A natural disaster" vengono accolte con entusiasmo e tutto il pubblico si ritrova
a cantare unito facendo da coro ad un Vincent al massimo della sua forma vocale. Ma tutte le cose belle devono finire, "Shroud of false" introduce quello che sarà l’ultimo pezzo della scaletta, l’immancabile"Fragile dreams" infatti viene tenuta in caldo come ultima portata, dando il colpo di grazia ad un pubblico ormai in preda alla frenesia e all’entisiasmo.
Cala il silenzio sul palco e soddisfatti ci prepariamo a lasciare l’Alcatraz in tempo per intravedere un
fattorino consegnare una grossa pila di pizze nel backstage, segno che per i nostri la festa non è ancora finita. Quello del 30 Aprile sarà un concerto da non dimenticare non solo per noi, ma anche per gli stessi Anathema che hanno ammesso come probabilmente quello di Lunedì sia stato uno dei loro concerti milanesi migliori, merito di un service audio e luci eccellente e di un pubblico complice e partecipe. Impeccabile poi l’esibizione di Vincent Cavanagh che non viene messo in ombra neanche dalla bravissima Lee Douglas, ormai collaboratrice in pianta stabile della band, che nonostante i cambi di line-up dimostra un affiatamento più unico che raro di questi tempi. Poco importa per alcuni pezzi "ingiustamente" esclusi dalla scaletta ("Angelica, "One last goodbye" e "Are you there?" con mio sommo dispiacere sono le grandi escluse di questo tour), la qualità degli ultimi lavori non fa rimpiangere la mancanza dei pezzi più classici che possono riposare in attesa di venire suonati live ancora una volta, prima o poi.
AMPLIFIER
01. Continuum
02. Panzer
03. Motorhead
04. The wave
05. Interglacial spell
06. Interstellar
07. Neon
ANATHEMA
01. Untouchable, part 1
02. Untouchable, part 2
03. Lightning song
04. Thin air
05. Dreaming light
06. Deep
07. Emotional winter
08. Wings of God
09. A simple mistake
10. The storm before the calm
11. Universal
12. The beginning and the end
13. Panic
14. Flying
15. Internal landscapes
16. Closer
17. A natural disaster
18. Shroud of false
19. Fragile dreams
A cura di Francesco Masala
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Live Report Anathema
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