a cura di Marco Andreoni
Partiamo da un paio di premesse. La prima è che la recensione di un concerto è di per sé un esercizio di stile dell’autore che cerca di riportare gli episodi che si succederanno nel corso dell’evento, nella maniera più oggettiva possibile. La seconda è che i CCCP sono stati, sono ancora per 7 concerti, saranno per sempre una unicità. Quindi, se diamo per assodato queste due argomentazioni, come si può scrivere imparzialmente di un concerto dei CCCP? Banalmente, non si può. Proprio per questo, la recensione di questo concerto cercherà di essere asciutta, con elementi che tenteranno di essere minimali e lasciare alla soggettività di chi scrive una porzione minima dell’articolo.
Sono arrivato all’Auditorium senza particolari aspettative, ma solo col desiderio e la voglia di essere presente per la prima ed ultima volta al concerto del gruppo che probabilmente più di tutti ha segnato profondamente la mia formazione culturale, più che musicale; rappresentando ancora oggi un riferimento, soprattutto nella figura di Giovanni Lindo Ferretti.
Ultima chiamata è il titolo di questo tour di addio del gruppo emiliano, che si congederà dal teatro musicale che in questi ultimi 2 anni ha voluto riportare in maniera commemorativa, agli occhi e alle orecchie di chi c’era e di chi li ha solo immaginati (pochissimi i reperti video su di loro), sui palchi di una nazione che in 40 anni si è trasformata, ma è rimasta comunque elemento su cui fare dei bei ragionamenti insieme alle parole e ai proclami di CCCP Fedeli alla Linea.
Alle 21:15 si comincia, saranno 2 ore di concerto senza pause, in cui nessuno dei 4 dirà nulla al pubblico e non ci sarà nessun elemento di socialità tra loro e noi; la recita ha inizio.
Adesso e ora siamo qui ed è tempo di pulsazioni e alla fine di tutto, stasera, si torna a casa. Magari un po’ perplessi, ma con la consapevolezza, da parte di Ferretti, che, concludendo “Sexy Soviet”, esclamerà che la fine del mondo è vicina: Riarmo, Europe, Maranathà! La bellezza dello scegliere la parola di lingua ebraica che da sola è una preghiera biblica, è lì a sottolineare quanto i testi di Giovanni Lindo Ferretti per CCCP siano un qualcosa di così prezioso che il tempo non cancellerà.
L’avevano detto, lo hanno fatto: si suona l’inno russo di “A ja ljublju SSSR” a cui seguirà la naturale invocazione a dare una mano a incendiare il piano padano con “Rozzemilia”. Di nuovo, dopo 25 anni, l’Emilia e la madre Russia unite dallo stesso filo rosso.
Dopo “Tu menti” e “Per me lo so” è tempo di “Morire”, non prima però che Annarella ci ricordi grazie ad un cartello che indica, sottosopra, che questa è l’Ultima Chiamata; Ferretti invece canta che la morte è insopportabile per chi non riesce a vivere, come per chi ha eliminato uomini di elevata grazia come Pier Paolo Pasolini a cui invoca la lode, insieme a Mishima e a Majakovskij. La scritta “C C C P” si illumina al momento dello slogan che più di altri ha segnato l’estetica del gruppo di punk filosovietico: “PRODUCI – CONSUMA – CREPA”
Siamo in “Stati di agitazione” eppure siamo vivi: ma Ferretti tende a precisare il concetto di ultima chiamata, che questa storia, la continui un altr”.
È il turno di Annarella che entra con un abito monastico bianco ed un cero in mano e poi Ferretti inizia il canto di “Libera me domine” che ci prepara alla preghiera, che solo dopo qualche tempo abbiamo scoperto che non era per niente laica, di “Madre”.
È qui che mi rendo conto della consapevolezza di Ferretti di essere quel megafono che lui stesso farà inceppare se viene visto come idolo, perché ogni volta che termina il canto indietreggia e lascia il palco agli altri che lo calcano insieme a lui; si fa in disparte per non rischiare di esserne la più evidente, se non l’unica, parte.
Siamo arrivati a “Maciste contro tutti” e poi al valzer di “Oh! Battagliero”. E mi fa sorridere il pensiero che a mille metri di distanza in linea d’aria, c’è chi si esalta col sing-a-long sul Fammi godere di Vasco Rossi e noi qui elogiamo a squarciagola il guerrigliero, apprendista dell’impero, che corre verso il cielo e il potere che verrà.
“Valium Tavor Serenase” e “Trafitto” sono l’antipasto ad uno dei piatti più prelibati della serata: Radio Kabul. Ferretti canta delle ansie da collasso, percepite imminenti da radio Mosul (che si sposta quindi dall’ Afghanistan all’Iraq), che vanno dalla guerra in cui la storia si riarma a la pornografia domestica che diventa l’ultima frontiera dell’emarginazione. Sono i mali del nostro tempo sembrerebbe suggerirci, e c’è per ognuno di noi il rischio di cadere; quindi rimaniamo inchiodati al presente, inquieti all’orizzonte.
“Islam punk” stavolta non dà risposte su Allah e su Gheddafi, stavolta ci domanda: chi è il grande? chi è il profeta?.
La vita non dura che un istante, all’erta sto, all’orizzonte rovine: “And the Radio Plays.
Guerra e Pace” e “C.C.C.P.” : in fedeltà, la linea c’è.
Annarella ha un vestito lungo tricolore e distribuisce rose al pubblico, Ferretti indossa un elmetto, Zamboni suona il riff di vicino alla loro definizione di musica melodica emiliana: “Curami”.
Finita la terapia, Fatur prende possesso del palco e Annarella issata la bandiera del PCI annuncia: “Emilia Paranoica”.
“Bang bang”, la cover dell’Equipe 84 è l’introduzione al manifesto dei CCCP: “Spara Jurij”.
La campagna elettorale recitata dall’artista del popolo fatta solo con il sintetizzatore di “Vota Fatur”, serve come piccola pausa a tutti gli altri, per poi vedere annunciare dalla benemerita soubrette, nuovamente, che In fedeltà, la linea c’è. Reclame per i 4 componenti del gruppo e poi Zamboni che con la chitarra accompagna Ferretti insieme a tutta la Cavea dell’Auditorium nel canto di “Annarella”.
La prima parte di “Mi ami?”, usata come introduzione a “Io sto bene”, come preannunciato nell’ultima intervista concessa alle pagine de La Repubblica, lascia l’amaro in bocca a chi avrebbe avuto il gusto di gridarla, ma solleva Ferretti dalle urla che a 72 anni le sue corde vocali proprio non riescono a reggere.
Ci si avvia alla fine, muore tutto, “Allarme” e “Noia”.
Tutti dentro, neanche un minuto e Annarella rientra per la seconda Reclame in cui vengono presentati Luca Rossi (basso), Simone Filippi (chitarra), Ezio Bonicelli (violino), Simone Beneventi e Gabriele Genta (percussioni) e poi tutti fuori per il canto, anche stavolta di sola voce e strumento a corda, e sarà la volta del violino di Ezio Bonicelli appunto, di “Amandoti”.
Annarella stringe tra le mani un cartello che indica quanto ancora di CCCP è rimasto, -6. Fino a ieri era -7. Prendiamoci questo punto, questa ultima convocazione, grati di averli potuti ammirare.
Rimane un ultimo appello, ovviamente è la voce di Giovanni Lindo Ferretti che lo promulga: mai stata facile la verità, mai garantibile la libertà.
Grazie CCCP. Grazie di essere stati CCCP fino alla fine.
SCALETTA
- 1. Sexy Soviet
- 2. A ja ljublju SSSR
- 3. Rozzemilia
- 4. Tu menti
- 5. Per me lo so
- 6. Morire
- 7. Stati di agitazione
- 8. Libera me Domine
- 9. Madre
- 10. MACISTE contro TUTTI
- 11. Oh! Battagliero
- 12. Valium Tavor Serenase
- 13. Trafitto
- 14. Radio Kabul
- 15. Punk Islam
- 16. And the Radio Plays
- 17. Guerra e pace
- 18. C.C.C.P.
- 19. Curami
- 20. Emilia paranoica
- 21. Bang Bang (Cover Equipe 84)
- 22. Spara Jurij
- 23. Vota Fatur
- 24. Reclame (presentazione CCCP)
- 25. Annarella (chitarra e voce)
- 26. Mi Ami? / Io sto bene
- 27. Allarme
- 28. Noia
- 29. Reclame (presentazione band di supporto)
- 30. Amandoti (violino e voce)