È da poco uscito il loro nuovo singolo, “Cutthroat”, preludio di un album omonimo in arrivo il 5 settembre via Dead Oceans.
Nel corso di questi anni, fin dal loro esordio discografico nel 2018 (con Songs Of Praise), gli shame hanno sempre dimostrato di saper creare sonorità difficilmente schematizzabili o comunque, seppur ascrivibili sotto il macrogenere ombrello che racchiude il post-punk albionico esploso dopo la seconda metà degli anni ’10, hanno saputo farsi riconoscere per la propensione a voler declinare tali sonorità in maniera del tutto sperimentale.
Abbiamo incontrato Charlie Steen, cantante istrionico della band londinese, poco prima del loro concerto a Roma in apertura ad un gruppo che sta progressivamente guadagnandosi lo status di leggenda negli annali del post-punk/alternative rock internazionale di tutti i tempi: i Fontaines DC. Di questo e di tante altre cose, paradossali e meno, abbiamo parlato con Steen in un afoso pomeriggio dell’estate romana.
Allora, prima di tutto, volevo farti i miei complimenti perché so che il concerto di ieri a Bologna è stato fantastico, ho visto qualche video di amici che c’erano. Cosa si prova ad essere, oltre che il frontman di una band, anche il go-go dancer dei Fontains DC?
(Ride divertito) Molto esilarante. Davvero!
Siete in tour con i Fontains da un bel po’ di tempo ormai, vero?
Sì, abbiamo suonato con loro in Australia e Nuova Zelanda a marzo e poi adesso questi tre concerti in Italia con loro e poi vediamo che succede. Sì, è davvero bello suonare con loro.
Allora, parliamo un po’ del vostro nuovo disco Cutthroat. C’è una parte nel testo del primo omonimo singolo che avete estratto in cui canti “Why does it hurt to feel so numb?/ I’m sure l’m not the only one/ ‘Cause I’m afraid to stay the same” che credo possa essere una frase perfetta per descrivere un po’ quella che è stata la vostra evoluzione stilistica in questi anni. Sei d’accordo?
Sì, sicuramente, hai ragione. Penso che questo sia uno dei nostri punti di forza. Vogliamo sempre provare cose nuove per cercare costantemente di cambiare ed evolverci. Fare tentativi, esplorare nuove frontiere, non restare mai intrappolati in un’unica cosa.
E ci siete riusciti alla perfezione! Appena ho terminato il pre-ascoltato del nuovo disco, sono rimasta senza parole, un po’ come era successo per Food For Worms due anni fa. Suonate sempre come gli shame ma riuscite ad essere sempre qualcosa di diverso rispetto al disco precedente.
Oh, grazie mille. Penso che per la stesura di Cutthroat la cosa più importante per noi fosse cercare qualcosa che funzionasse particolarmente dal vivo. Sai, qualcosa di diretto, che andasse dritto al punto, ma fosse anche più divertente rispetto ai dischi precedenti.
E come siete arrivati ad ottenere questo risultato?
Credo che Food For Worms (2023, ndr) e Drunk Tank Pink (2021, ndr) fossero un po’ più malinconici, leggermente più mid-tempo. E quindi, ci siamo resi conto cge continuavamo a ricorrere sempre a molte delle tracce di Songs Of Praise (2018. ndr) per rendere i nostri live più movimentati e dinamici. Quindi ci siamo detti: abbiamo bisogno di scrivere un nuovo album fottutamente più veloce. Credo che da questo pensiero sia nata l’esigenza dell’album e penso anche che il nostro intento sia espresso già dai colori della copertina, con il rosso e il giallo così accesi; è audace, impattante e poi ha il titolo di una parola sola e, non so, volevamo dare l’idea che fosse un disco sicuro di sé già al primo impatto.
Sono d’accordo, sì, assolutamente. A proposito di audacia, c’è questa canzone molto interessante che si intitola “Cowards” ed è un attacco irriverente e sarcastico nei confronti di tutta una serie di codardi che si incontrano nella vita di tutti i giorni. Ma dalla lista che fate, risulta che in fondo codardi lo siamo un po’ tutti in qualche modo.
(Ride) Hai ragione. Penso che gran parte dell’album sia incentrato su paradossi e contraddizioni del genere. I testi hanno tutti questo doppio registro e quindi sì, prendila come una frecciata sardonica al fatto che siamo tutti codardi, ma ci facciamo una risata su.
C’è poi un’altra canzone che mi ha colpito molto perché è dedicata a un personaggio che non conoscevo minimamente: Lampião, un bandito brasiliano famosissimo nel XX secolo. Perché hai scelto questo personaggio?
Perché la mia ragazza è per metà inglese e per metà brasiliana. Ero a San Paolo la scorsa estate con sua madre e suo padre (originario proprio di lì), e mi stavano parlando della storia del Brasile. Loro continuavano a chiedermi se conoscessi Lampião, anche se io rispondevo che non ne avevo mia sentito parlare prima, e loro erano stupiti di questa cosa perché in Brasile tipo tutti sanno chi è e non riescono a concepire che ci sia qualcuno che non lo sa.Quindi ho pensato che fosse piuttosto interessante come qualcuno potesse essere famosissimo in un paese così grande (il Brasile è praticamente grande quanto tutta l’Europa se ci pensi), ma poi pochissime persone al di fuori di lì lo conoscono. Allora l’ho voluto mettere in un mia canzone. Ho ascoltato molte storie su di lui che si tramandano di generazione in generazione, è un personaggio fortemente radicato nel folklore e anche controverso, come la maggior parte dei banditi: alcune persone pensano che sia una grande persona, altri invece che sia un mostro. E nell’ottica generale dei paradossi su cui è incentrato tutto disco, ci stava benissimo, no?
Sì, assolutamente.
E penso che sia una storia molto interessante di per sé. Siamo tutti attratti da personaggi controversi perché vogliamo capire cosa li ha resi tali, capisci? E quindi ho pensato che sarebbe stata una cosa piuttosto interessante da esplorare.
Quindi c’è anche un po’ di Brasile in questo disco. E che dire di Londra? Quanto c’è di Londra nel vostro quarto album?
Beh, in “Quiet Life” si parla di una relazione tossica che un po’ può essere ricondotta a quanto Londra faccia parte del disco e delle nostre vite. Ed è l’idea di qualcuno, di nuovo in maniera molto paradossale, che sa di dover andarsene ma non lo fa. E ho pensato, ok, se mi mettessi in quella posizione, forse potrebbe essere tutta una questione di voler condurre una vita tranquilla. E ho pensato che in fondo è come stare a Londra. È la mia città. La città che amo. Non ho davvero mai avuto molta voglia di trasferirmi in un altro posto, magari anche più immerso nel verde. È un po’ come barattare qualcosa che ami perché non sei disposto ad affrontare il distacco, anche se un po’ vorresti. Da una parte è anche molto umano.
Sì certo, non è necessariamente una cosa negativa.
E anche, sai, quella cosa dell’essere nato e cresciuto tra il cemento sotto la pioggia (“where I was born and raised/ was concrete in the rain”citazione dal testo del pezzo “Quiet Life” per l’appunto, ndr); le strade trafficate e le stanze affollate; tutto questo è quello che mi ha dato forma. E dunque penso che Londra influenzi sempre tutto quello che faccio, la mia visione sulle cose. Inoltre, gran parte di questo album parla di personalità e personaggi. E una delle cose belle di essere cresciuto in una grande città come Londra è che ti abitui ad essere sempre circondato da persone diverse, gente che cammina, gente seduta al pub, accanto a te in metropolitana. Sai, è sempre molto interessante pensare a tutti i personaggi che ti circondano in ogni momento.
Mi tocca molto quello che dici perché qualche settimana fa ero a Londra e ho fatto proprio un pensiero del genere. Amo quella città e credo che uno dei motivi sia questo: sei sempre circondato di persone e puoi cullare la tua solitudine tra tutta quella folla.
In qualche modo è il luogo che scegli che plasma la persona che sei.
Sì, esattamente. Ho letto da qualche parte che per Cutthroat c’è stata una frase dal romanzo Lady Windermere’s Fan di Oscar Wilde che ti ha particolarmente ispirato: “Life is too important a thing ever to talk seriously about” (“La vita è una cosa troppo importante per parlarne seriamente”). Come ti sei imbattuto in questa citazione e più in generale in questa lettura?
Mi è sempre piaciuto leggere Wilde, ma avevo letto solo una delle sue opere teatrali da adolescente. Circa un paio di anni fa, ne ho comprato una collezione e l’ho letta tutta d’un fiato. Lui ad esempio parla costantemente di paradosso. E poi, sai, è un personaggio molto interessante, estremamente intelligente, scrittore straordinario. Nasce nella working class irlandese ed entra a far parte dell’élite aristocratica inglese, è omosessuale e quando si dichiara, finisce in prigione. Ed è così iperbolico nel suo essere personaggio: talvolta estremamente drammatico nel modo di scrivere, il che mi piace molto, ma anche assai divertente nella sua teatralità. Ho trovato quella battuta davvero divertente. All’inizio volevo metterla in “Cutthroat”, la canzone, ma poi l’ho un po’ cambiata e riadattata.

Parlando degli shame come band, una domanda che mi piace molto fare è questa: quando è stato il momento che avete realizzato per la prima volta che stavate diventando qualcosa di più?
Mmmh, penso sin da subito, quando abbiamo pubblicato il nostro primo album. Avevo solo 20/21 anni, ora ne ho 27. Ma tipo quando abbiamo pubblicato il primo album, quindi sei anni fa o giù di lì, ci ha dato il senso che le cose fossero cambiate: abbiamo iniziato a viaggiare molto, visitare posti diversi e la gente iniziava a conoscerci e cantare sulla nostra musica. Ma direi che comunque abbiamo sempre lavorato duramente e continuiamo a farlo. Sai, suonavamo sempre, sempre. Suonavamo anche solo per tre, quattro persone. E poi è stato tutto molto graduale. Abbiamo lavorato sodo e quando finalmente avevamo un lavoro completo, un album da pubblicare, è stato allora che la gente ha potuto davvero interagire con noi.
Capisco! Ora invece parliamo un po’ di com’è la vita in tour. Voglio dire, penso che sia una bella sensazione essere in tour come musicista, ma allo stesso tempo anche impegnativo.
A dire il vero, abbiamo avuto un po’ di tempo libero in questa tranche, quando eravamo in Australia e Nuova Zelanda, anche se comunque ci stavamo preparando a pubblicare questo nuovo album. Quindi, siamo stati impegnati, ma non siamo ancora in modalità tour a pieno regime. Penso che a volte possa essere davvero divertente, a volte un po’ stancante, certo, ma continuiamo a fare cose fantastiche e a vedere tanti posti meravigliosi. Poi adesso anche le nostre ragazze vengono in tour ogni tanto e abbiamo modo di rincontrare persone che abbiamo conosciuto negli anni, uscire con amici del posto in cui siamo. È davvero bello quando è così.
C’è un rituale che condividete con la band quando siete in tour?
No, non abbiamo nessun rituale. Anche se siamo molto superstiziosi, non abbiamo alcun rituale.
Oh, è interessante! Generalmente le band hanno tutte un rituale tra di loro quando sono in tour. Ma non averne forse è anche liberatorio.
Sì, sì, è esattamente così.
E cosa c’è nella tua playlist mentre sei in tour?
Oggi ho ascoltato Rocky Raccoon dei Beatles, poi un po’ di Charlie XCX, e un po’ di Eminem dei primi dischi.
Non mi sarei mai aspettata un mix del genere!
Sì, poi ieri mi hanno parlato di una band che ho ascoltato oggi, solo una canzone, ma l’ho trovata davvero bella. Sono norvegesi, i Madrugada. Molto molto bravi. E poi anche i Replacements.
Penso che sia bello sperimentare nuovi ascolti mentre si è in tour, perché alla fine tutto quello che si ascolta in qualche modo può essere una grande fonte d’ispirazione. Anche se si tratta di qualcosa completamente diverso rispetto al proprio genere/stile, può portarti ad elaborare nuove idee.
Sì, esattamente. Sono d’accordo! È stimolante.
Qual è il prossimo singolo che estrarrete per anticipare l’album?
Il prossimo singolo sarà “Quiet Life”.
Uno dei miei preferiti. Mi è piaciuto molto.
Oh, grazie mille. I miei sono “Quiet Life” e “Spartak”.
E farete anche un video?
Sì, gireremo il video quando torneremo a Londra. Quindi alla fine di questa settimana/ inizi della prossima lo gireremo.
Sono molto curiosa di vederlo.
Sarà semplice, probabilmente. Ma chi può dirlo?!
Non voglio farti perdere altro tempo. Ti lascio prepararti per il live.
Nessuna perdita di tempo. Anzi, grazie per tutte le domande e per il tempo che ci hai dedicato.
Grazie mille. In Italia diciamo quando si vuole augurare buona fortuna per uno spettacolo si dice: “Merda, merda, merda”.
Merda, merda, merda.
Esatto! Grazie mille Charlie, a presto!
Grazie a te!

Prossime date in Italia:
. 10 Luglio – Torino – https://www.spazio211.com/monitor-festival-spazio211-10-e-11-07-2025/
. 14 Agosto – Lamezia Terme – https://colorfest.it/
Già annunciata anche una data a Novembre da headliner ai Magazzini Generali di Milano per promuovere il nuovo disco:
. 3 Novembre – Milano, Magazzini Generali – https://www.comcerto.it/21724/shame-live-a-milano