A cura di Charlie Fuzz
Quando un concerto di Colombre è alle porte è come se la mia testa facesse già un viaggio multisensoriale, fatto di pantoni primaverili e di onde marine dolci che timidamente sbattono sulla scogliera adriatica.
Addirittura sembra di sentire anche i profumi forti che non porteremmo mai addosso (un BonBon Malizia per capirci) ma che, chissà per quale motivo, ci riportano indietro alla nostra adolescenza.
Non so se tutto questo è voluto o meno dall’artista senigalliese, fatto sta che tutti questi elementi puntualmente si riuniscono anche in questa occasione e l’Alcazar sembra essere il perfetto teatro per un evento di questo tipo.
Sono le dieci e il locale è già pieno e chi è dentro è già attentissimo all’opening del giovane Alaska, che già dal nome ci sposta in ambientazioni opposte ai climi “tropicali” che seguiranno.
Un set minimale composto da voce e piano, fatto di pezzi per lo più malinconici e fondato sulle grandi qualità canore del cantautore. Tutto intramezzato da una cover (“Così celeste” di Zucchero) e chiuso dall’ottimo singolo “sto bene’” che devo dire, ho preferito in questa versione più intima rispetto all’originale.
Chiuso l’opening, Colombre e “le sue sirenette” si avviano verso il palco con un susseguirsi di abbracci.
Si parte con qualche volume basso di troppo per i primi pezzi e a pagarne ahimé sono soprattutto la voce e la tastiera di Boba. È il caso di dirlo, Maledizione.
La situazione si riassesta tra fragorosi baci al microfono, chorus celestiali e pezzi pescati tra i tre dischi finora usciti.
Non è un concerto basato sulla sola promozione di Realismo magico in Adriatico (2023) e questo mi piace.
A metà scaletta il trittico voce/chitarra e violino: “Qualche specie di amore”, “Per un secondo” e “Allucinazioni”. Quest’ultima dedicata all’indimenticato Mirko Bertuccioli a.k.a Zagor, cantante e fondatore de I Camillas.
Successivamente torna sul palco la band al completo (e che band!) e sale anche lui, l’immancabile ospite di gran parte dei concerti romani, Franco126 per “Più di prima”. Non è l’unica faccia nota tra il pubblico dell’Alcazar, come spesso accade specie nelle grandi città. Da segnalare anche la presenza dei colleghi Colapesce, Dimartino, Psicologi e Giorgio Poi.
Si chiude senza bis e con le immancabili “Il sole non aspetta”, “Fuoritempo” e “Blatte”.
Un sorridente Colombre, sorprendentemente in borghese senza la fedelissima camicia, chiude abbracciando il suo pubblico e si prepara per le altre date del tour.
Ti aspettiamo per la prossima Giovanni, galleggeremo sulle onde ancora perché non siamo ancora sazi.