In un mondo dove la comunicazione e l’interazione vengono messe sempre più a rischio con coraggio e volontà si erge il MUMO Festival. Sulla magistrale vista della terrazza panoramica di via Valle a Monte San Giovanni Campano (in provincia di Frosinone) ha preso atto ciò che per me è davvero molto intimo raccontare e descrivere.
La serata è iniziata con una carrellata di musica fresca di provenienza locale.
RiLi apre la nuova edizione esponendosi con barre profonde, la sua radice rap ci trasporta all’interno della sua emotività che secerne un animo profondamente cantautorale. Rili ci regala un dialogo di sincerità.
Il collettivo Saz continua la scaletta del MUMO, entriamo in una dimensione estetica di un vero e proprio collettivo che vuole lasciare sulle basi rap/trap il disegno del proprio modo di cogliere il tempo, le relazioni e i rapporti interpersonali con un occhio spinto sulle sonorità attuali.
Terzo sul palco è Diego Nardozi che in maniera genuina ci regala testi provenienti da scorci di vita, da esperienze terrene che hanno formato il suo senso critico, la bellezza del suo repertorio è esposta in sonorità indie/blues con l’intensità vocale volta a lasciare immagini nitide delle emozioni cantate.
Gli headliner di questa edizione però sono stati i bleach, band di origine ciociara che ha superato i confini nazionali, riscuotendo successo in tutto il mondo.
Ho vissuto da vicino la visione artistica ed estetica dei bleach, l’ho percepita internamente e viverne un live ha un significato davvero autentico. Non si ha spazio per avere dubbi, i ragazzi della band si guardano, basso e chitarra iniziano a scaldare quello che è un suono profondamente cupo e intrigante che ci accompagna con mano nel loro mondo… Inizia il live. La batteria di Doggie(Roberto) carica l’intensità e la potenza di “Hand Grenade” travolge il pubblico immediatamente al pogo; la linea di basso di Mattia spinge il petto dei ragazzi in fuori e dimostra il carattere preponderante del loro sound, mentre la voce di Daniele racconta domande con un mix perfetto tra tristezza, disillusione e adrenalina, che con forza vanno a marchiare un pubblico infuocato.
Non ci sono parole o discorsi ma solo un ringraziare tutti, la band vuole trasmettere le proprie canzoni, annullano qualsiasi forma di ego e aprono la porta della loro intimità ad un pubblico che sta scoprendo canzone per canzone la loro dimensione. Percepisco intorno a me l’incredibile unione che sono riusciti a creare con i propri fan, quest’ultimi avvolti nell’ascolto con occhi pieni e la necessità di sfogare se stessi in queste canzoni, con questa band. Oltre i singoli già pubblicati, i blech ci regalano l’ascolto di inediti come “Gasoline”: canzone che mostra un lato stilistico differente ma comunque coerente al loro suono, la voce di Daniele ci accompagna lungo il brano in maniera raffinata e cupa allo stesso tempo.
La scalatta prosegue tra attacchi, stacchi e suoni che hanno reference molto ben contaminate, regalando immagini nitide, menate grunge dalle quali emerge una versione incredibilmente rivisitata di “Something in the Way” dei Nirvana.
Siamo alle battute finali, i ragazzi decidono di regalarci quello che sarà l’ultimo pogo adrenalinico, e così parte la chitarra di “Shutters” (ultimo singolo rilasciato dalla band) alla quale segue immediatamente dopo “Scarecrow”; il pubblico si lascia andare ai riff travolgenti, l’energia creatasi raggiunge il picco massimo, facendoci rendere conto che la musica live è importante proprio per questo tipo di emozioni, di energia.
Termina la serata il dj set di Stefano CJ Caiazza, impeccabile a tenere alto il fuoco di un pubblico che ha vissuto con intensità questa edizione del MUMO, salutando un festival il cui grande valore è stato dare spazio di espressione ad ogni forma stilistica di musica.
credits foto: Francesca Mastracci