Cosa contraddistingue i musicisti veterani purosangue dalle imitazioni? La risposta è semplice, ma non scontata. Una viscerale fede per la musica ed un’inestinguibile esigenza di comunicare attraverso le capacità espressive che anni di mestiere hanno instillato nel proprio spirito. Certi fuochi semplicemente non si spengono con il tempo, ma sono destinati ad ardere con la loro fiammata senza accenni che possa diminuire nel tempo.
Così è per quella leggenda intramontabile della chitarra: Slash, al secolo Saul Hudson. Oltre trent’anni di carriera alle spalle, con i suoi compagni di merenda Axl e Duff dei Guns N’ Roses ha segnato uno dei capitoli più importanti della storia hardrock internazionale, unendo varie generazioni di fan che nell’arco di quest’anno hanno avuto il piacere di tornare a sentirli nel tour di reunion che, da poche date di cui doveva comporsi, ha invece girato tutto il mondo. Oltre ai progetti paralleli con gli Snakepit e i Velvet Revolver, dal 2010 porta avanti anche una sua carriera solista di tutto rispetto, avvalendosi della collaborazione di quell’altro grande prodigio che è Myles Kennedy (cantante, tra gli altri, degli Alter Bridge) e dei Conspirators. Lo scorso 21 settembre è uscito il loro terzo disco insieme (il quarto per Slash) dal titolo Living the Dream, naturale prosecuzione di un discorso stilistico ormai ben collaudato ed affinato ulteriormente con l’album precedente del 2014, World on Fire.
Inutile negarlo, le dodici tracce che compongono il disco sono l’espressione più schietta della chitarra di Slash con il suo stile inconfondibile che non scade mai nel gretto virtuosismo. Riff articolati che si inerpicano attorno a roboanti groove di batteria per poi scendere giù a picco squarciando con sonorità elettriche i fraseggi delle sei corde (“slash” d’altronde significa proprio squarcio). Assoli densi e corposi, con varie ed eventuali divagazioni blueseggianti, animano le venature di ogni pezzo, che si tratti di pezzi adrenalinici (come “Mind Your Manners”, “My Antidote” o “Sugar Cane”) o di ballad più lente ed emozionali (come le meravigliose “Lost Inside The Girl”, “The Great Pretender” e “The One You Love Is Gone”, molto più che vago richiamo ai Guns N’ Roses di “November Rain”).
La bellezza del disco però non è solo il merito della maestria di Slash, ma anche della grande bravura di Myles e del suo timbro caldo e fervido (spesso paragonato a quello di Steve Tyler), nonché alla tecnica dei musicisti dei Conspirators che li accompagnano (nello specifico, Frank Sidoris alle chitarre, Todd Kerns al basso e Brent Fitz alla batteria).
Semplice fino a toccare punte di prevedibilità, ma pieno di sostanza e gusto: questo è l’hardcore che ha fatto la storia. Nessuna invenzione in più (a cosa servirebbe in fondo?) ma neppure nessun tentennamento. Chapeau!
Tracklist:
- Call Of The Wild
- Serve You Right
- My Antidote
- Mind Your Manners
- Lost Indide The Girls
- Read Between The Lines
- Slow Grind
- The One You Loved Is Gone
- Driving Rain
- Sugar Cane
- The Great Pretender
- Boulevard Of Broken Hearts
A cura di: Francesca Mastracci