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Northern Lines – The Fearmonger

Fearmonger è il titolo del secondo album in full-length dei Northern Lines. Il trio strumentale romano torna sulla scena musicale con un album interamente autoprodotto composto da undici tracce di strumentazioni prog rock con accenni fusion e sfumature che declinano l’impostazione hard and heavy verso tratti di rock psichedelico anni ’70, in cui si risentono inevitabilmente le influenze dei gruppi che più hanno caratterizzato il genere in quegli anni (Led Zeppelin, Pink Floyd, Deep Purple).

Rispetto all’album precedente, Farts From the SETI Code del 2014, il disco attuale penetra più in profondità sia nella struttura sonora e sia lasciandosi trasportare verso stati d’animo più intimi. Il risultato è un lavoro emotivamente intenso, incentrato sul tema della paura della morte con parti recitate ad inframmezzare le parti strumentali. Ed è bello ascoltare che queste sessioni vengano recitate in italiano, nonostante i titoli delle canzoni e lo stesso nome del gruppo siano in inglese: fa sempre piacere ascoltare la propria lingua incastonata in contesti che respirano un’aria internazionale, anche musicalmente parlando. Un altro punto a favore di questo disco è, poi, la capacità di modulare i suoni, alternando momenti più specificatamente progressive a ondulazioni invece più malinconiche in cui i tappeti sonori si distendono su note di piano che ne rendono la suggestione particolarmente emotiva, e passando, così, per fughe psichedeliche con grandi riff di chitarra e fraseggi di basso e batteria in grado di reggere bene le progressioni in climax verso cui si lancia il chitarrista. Interessanti le riesplorazioni di ritmiche tanguere in chiave rock con continui stop and go che cavalcano anche lontane reminiscenze blues anni 60’ presenti in “The Machine Man”.

Ottima la chiusa costituita dai due pezzi “Apathy Fields” e “Most People Are Dead”, in cui il trio romano raggiunge l’apice dell’intero disco; nel primo esplorando percorsi intimi ed emozionanti in chiave essenzialmente acustica e nel secondo, invece, facendo riemergere tutta la carica propulsiva ed irrompente che ne aveva segnato l’inizio.

Un bel disco, assemblato con buona cognizione e senso della musica. Trapelano già dai primi accordi la competenza, l’eleganza e lo stile di questa band che sta muovendo lentamente i propri passi e ma si sta facendo strada sempre più nello scenario musicale nostrano delle band che compiono la scelta “scomoda” di trovare espressione soltanto con gli strumenti.

 

 

TRACKLIST:

  1. Mast Cell Disorder
  2. Session 1
  3. Shock Wave
  4. Nightwalk
  5. Session 2
  6. Machine Man
  7. Meteor
  8. Jukurrpa
  9. Towrds The End
  10. Apathy Fields
  11. Most People Are Dead

 

A cura di: Francesca Mastracci

Autore:

Tatiana Granata