“The Haunted” è il nuovo video e singolo degli Endless –  Esce il 9 maggio “Buuum”: il nuovo singolo dei Ministri –  Seventeen Fahrenheit: il nuovo album –  VOV VOV!: fuori oggi il nuovo singolo –  Walter Di Bello presenta “Aspetterò che torni” –  “Sigaretta” il nuovo singolo dei Jennifer In Paradise –  Slam Dunk Festival Italy, ecco la Line-up completa –  Annunciata la lineup completa del Color Fest dal 12 al 14 agosto a Lamezia Terme –  “The Haunted” è il nuovo video e singolo degli Endless –  Esce il 9 maggio “Buuum”: il nuovo singolo dei Ministri –  Seventeen Fahrenheit: il nuovo album –  VOV VOV!: fuori oggi il nuovo singolo –  Walter Di Bello presenta “Aspetterò che torni” –  “Sigaretta” il nuovo singolo dei Jennifer In Paradise –  Slam Dunk Festival Italy, ecco la Line-up completa –  Annunciata la lineup completa del Color Fest dal 12 al 14 agosto a Lamezia Terme –  
Ondalternativa

MUMFORD & SONS – Rushmere

La cassa in quattro e un suono caldo di chitarra aprono dolcemente le loro braccia ad accoglierci prima di un tumultuoso viaggio, il calore della voce di Marcus ci tende la mano e con malinconia ci spinge attraverso la marcia ritmica di “Malibu“: brano che apre e ci pone avanti il nuovo progetto dei Mumford & Sons dal titolo Rushmere. L’album dimostra subito la profondità che vuole raggiungere; aprendosi con il brano “Malibu” si ha subito l’interazione con il tempo e la costruzione emotiva che si crea intrecciando la vita l’uno con l’altro, il calore puro delle chitarre offre a Marcus un’incredibile intensità vocale e ci ricorda che l’amore è un verbo che non può fermarsi a mera percezione singolare, esso deve evolvere in qualcosa che abbia la forza di ricucire la pelle.

La band londinese formatasi nel 2008 da Marcus Mumford (voce, chitarra e batteria), Ben Lovett (voce, tastiere, pianoforte e fisarmonica) e Ted Dwane (voce, basso, contrabasso e batteria) ci regala, dopo sette anni, il loro quinto album in studio: un intimo racconto della loro genesi, un tentativo di volgere lo sguardo al loro passato con gli occhi di chi del suo percorso ne ha ricavato una riflessione profonda. La band indie-folk ha di certo fatto innamorare il pubblico attraverso la loro chiave di lettura volta ad evolvere generi quali il folk, il country (come dimostrato nel loro penultimo lavoro Delta) e andando in controtendenza scegliendo strumenti come Banjo, contrabasso e chitarre acustiche donando al pubblico perle come Sigh No More, Babel e Wilder Mind.

Rushmere prende forma dall’intimità del gruppo, da quel laghetto di un grande parco a sud di Londra, tra i quartieri residenziali di Wimbledon e Putney, dove Marcus e Ben, compagni di scuola, si ritrovavano dopo le lezioni a suonare. Rushmere è diventato così il titolo dell’album, in cui la band, rimasti in tre dopo la separazione di Winston Marshall e dopo la sperimentazione in chiave anche elettronica di Delta, torna al suono folk-rock che li ha caratterizzati.

I Mumford & Sons si guardano indietro e con immensa delicatezza si fanno breccia in un flusso di coscienza sull’illusione e la disillusione del tempo, il brano e primo singolo  “Rushmere” espone perfettamente questa tematica ponendosi domande importanti sulla volontà d’essere onesti alla propria persona, a ciò che si era prima di un grandissimo disperdersi “what’s lost is gone and buried deep, take heart and let it be, don’t lie to yourself, there’s madness and magic in the rain, there’s beauty in the pain, don’t lie to yourself”. Le parole e l’intensità vocale di Marcus si legano perfettamente al sound proposto dalla band,  un ritmo costante che racchiude per tutto il brano l’energia cavalcante delle loro caratteristiche chitarre acustiche e del genere stesso.  La ricerca spasmodica dell’onestà e della verità capitalizzano i valori della scrittura del disco “You cannot complain if you don’t throw a dice yourself, sit outside the lines, blame everybody else, I refuse to offer myself up to men who lie, spit and sell and smirk, out the corner of their eye”, comprendere i propri passi; ciò che è stato forma in maniera schiacciante ciò che può essere ma nulla funziona senza lo spirito critico verso se stessi e i costrutti che intorno a noi si formano, il tempo viene scandito come luogo da cui attingere, esso può sconvolgere e la paura di osservare di nuovo ciò che ci ha fatto male potrebbe lasciarci immobili, Rushemere è un album che ci spinge all’analisi di quel dolore, di quelle colpe da cui vogliamo evadere dicendoci che si può essere onesti con se stessi solo attraverso la chiave della verità pura e cruda.

ph. Marcus Haney

Andando sempre più avanti nell’ascolto dell’album si ha l’impressione palpabile di quanto questi sette anni siano stati essenziali per fluire con coscienza pensieri e caratteristiche fondamentali del progetto, rielaborare emozioni incastrate in piccole pillole di ricordi volte a dare coscienza e speranza; ”But now I’ve got to know myself, know I’m the one that needed help, I can’t say I’m sorry if i’m always on the run”: piccolo estratto di “Anchor”) che racchiude in maniera chiara questa trasposizione di ciò che una volta si era e di quanto il viaggio d’introspezione abbia donato consapevolezza di errori commessi e pregi consumati. La band si pone avanti ad un flusso, il ritorno ad un sound di appartenenza lo evidenzia con ancora più insistenza, rende coerente l’intera costruzione dell’album e lo rafforza donando pura sensibilità, perché è solo tornando verso le proprie radici che si è più onesti e forti.

Rushmere è un disco onesto, non vuole nascondersi, ha il desiderio invece di tendere una grande mano a chi con coraggio sa osservare oltre il proprio io nonostante il timore di poter provare dolore “And there is still a stillness over the deep, and there is still a word in the night, the day blind stars over our heads again, wait with their light”. In brani come “Truth” riusciamo ad ascoltare anche dinamiche sonore pronunciate dal ritmo e da caratteri volti a trasporre il genere rendendolo differente nonostante la sua matrice, un modo per comunicare che la band sa perfettamente quanto questo progetto possa essere fondamentale per un nuovo cammino fatto di contaminazioni coerenti a donare estetica senza travolgere completamente ciò che rende i Mumford & Sons così distintivi “You cannot complain if you don’t throw a dice yourself, sit outside the lines, blame everybody else, I refuse to offer myself up to men who lie spit and sell and smirk, out the corner of their eye”.

La nostra speranza è che Rushmere per i Mumford & Sons sia quella luce adatta per creare le basi di un nuovo inizio, se è vero che in questo progetto con calore si ha un ritorno attendiamo con ansia un prossimo itinerario, magari ci lascerà sorpresi, proprio come agli esordi di questa fantastica band del laghetto; quello di cui siamo certi è la straordinaria capacità del gruppo di porre una lente d’ingrandimento sulla fragilità umana, saperla descrivere dettagliatamente sia dal lato poetico che sonoro, la band riesce a costruire scenicamente ogni emozione cantata e con grande padronanza riflette lati nostalgici a radiosa speranza futura lasciandoci sicuramente più di qualche lacrima sul volto.

Tracklist RUSHMERE

1. Malibu
2. Caroline
3. Rushmere
4. Monochrome
5. Truth
6. Where It Belongs
7. Anchor
8. Surrender
9. Blood On The Page (feat. Madison Cunningham)
10. Carry O

 

 

 

Immagine che rappresenta l'autore: Kevin Troci

Autore:

Kevin Troci