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Dropkick Murphys – Turn Up The Dial

I Dropkick Murphys sono in maniera indiscussa una di quelle band le quali, pure se si ascoltassero poche semplici note sconosciute, risulterebbero comunque immediatamente riconoscibili senza troppo sforzo. Così accade anche non appena si schiaccia play sulla prima traccia che apre il loro decimo album in studio Turn Up The Dial, uscito lo scorso aprile.

In linea di massima, molti dei pezzi contenuti nella tracklist erano già stati pubblicati a cavallo tra lo scoppio della pandemia lo scorso anno e gli inizi del 2021. Come cita il titolo, e come ha anche spiegato Ken Casey, l’intero disco si presenta essere un invito ad accendere la musica ad alto volume e celebrarne il valore liberatorio, che tanto è stato in grado di essere per tutti noi grande fonte di sostentamento in questo periodo così delicato delle nostre vite.

Le undici tracce si susseguono fluide e veloci, per un totale di circa quaranta minuti, ripercorrendo in pieno stile le sonorità tipiche della band bostoniana. Celtic-punk saturo di power chords martellanti e sezioni ritmiche incisive che fungono da sostengono ad aperture melodiche. Il tutto condito da quell’immancabile sapore di giga irlandese con le tradizionali strutture semplici a presa diretta che farebbero venir voglia di alzare in alto una pinta anche a chi è astemio.

Musicalmente, il disco riprende la falsa riga del suo predecessore (11 Short Stories Of Pain & Glory del 2017) e prosegue la tendenza che la band ha assunto negli ultimi anni nel voler smorzare le scanzonature punk più apicali, dando spazio ad un rock che preferisce smussarsi ad incastri più distesi per fare da tappeto alle cornamuse e ai fiati, nonché agli immancabili cori anthemici (“L-EE-B-O-Y”, “H.B.D.M.F”, “Middle Finger”).

Il pezzo che si stacca maggiormente dal lotto e ce li fa ricordare nelle produzioni di qualche anno fa è certamente “Mick Jones Nicked My Pudding” dove non mancano le incendiarie bordate che travalicano nell’Oi. Molto bella anche la folk ballad acustica dedicata al defunto padre di Al Barr “I Wish You Were Here”, molto suggestiva e malinconica, sapientemente posta come commiato finale.

Infine, un disco pieno di stile che non abbassa certo l’asticella della band bostoniana, ma nemmeno la alza. Non passerà agli annali come il loro migliore disco, anche perché se ne riscontra spesso e volentieri una certa ridondante prevedibilità derivativa dai capitoli della loro discografia più alti in termini di originalità.

Detto ciò, nel complesso un gran bel dischetto. E quanto ce lo stiamo immaginando suonato live!

 

Tracklist:

  1. Turn Up That Dial
  2. L-EE-B-O-Y
  3. Middle Finger
  4. Queen of Suffolk County
  5. Mick Jones Nicked My Pudding
  6. H.B.D.M.F.
  7. Good as Gold
  8. Smash Shit Up
  9. Chosen Few
  10. City by the Sea
  11. I Wish You Were Here

 

A cura di: Francesca Mastracci

Autore:

Francesca Mastracci