Agire in modo oculato con un grado di acutezza visiva che permetta di discernere la giusta prospettiva sotto cui interpretare quello che accade tutt’intorno a noi: questo il concept che dà forma e sostanza al nuovo disco degli Anti-Flag. Da sempre mossi da uno spirito di rivolta e denuncia sociale nei confronti delle ingiustizie, alla soglia di una carriera ormai ventennale, il quartetto di punk-rockers dalla Pennsylvania si fa più esplicito che mai con un album che inneggia ad aprire gli occhi e prendere una posizione consapevole. Il titolo è infatti un gioco di parole che si regge sul doppio livello di significazione di 20/20 sia come annualità corrente (anche se il disco è uscito comunque poco prima che questa nuova decade prendesse avvio) che come metodo di gradazione oculistica nei termini di misurazione americana (corrispondenti agli italiani dieci decimi, ndr).
Dal punto di vista concettuale il disco prosegue la crociata anti-Americana che la band capitanata Justin Sane aveva portato avanti nei dischi precedenti, scagliandosi in particolar modo contro l’ascesa dei governi neo-nazisti che fondano la loro politica sul razzismo, la xenofobia e il potere reiterato sul sessismo di genere. In copertina troviamo un’immagine deformata, ma chiaramente riconoscibile, del presidente americano Trump ed è anche sua la voce del sample con cui si apre la traccia opener, “Hate Conquers All”, in cui viene riportato uno dei suoi discorsi alla nazione.
E bastano davvero pochi istanti per capire verso quale direzione si muove il sound di questo gruppo di veterani ribelli, giovani non più di primo pelo, con lo spirito ancora pieno di voglia di cambiamento. Sono subito ravvisabili le doppie linee vocali di Justin e del bassista Chris #2 che alternano parti urlate sporche e ruvide con controcanti lineari e ritornelli catchy
Le undici tracce che compongono il disco sono piene di energia, in pieno stile punk-rock, nella sua accezione più schietta e mordace, con vari accenni di hardcore melodico nelle virate ritmiche adrenaliniche e nei riff di chitarra che si vi dinoccolano stratificate tutt’attorno (“Don’t Let The Bastards Get You Down”, “A Nation Sleeps”, “It Went Off Like A Bomb”).
Non mancano, però, anche momenti più distesi in cui gli Anti-Flag si lasciano tentare volentieri dai compromessi melodici, presenti in maniera più marcata rispetto ai dischi precedenti (come nella titletrack o anche in “Christian Nationalist” e “Unbreakable” con i loro singalong anthemici).
Completa il lotto un distico finale pieno di sperimentazioni inedite per la band, che si presenta un po’ come un discorso a parte rispetto tutto il resto. “Un-American” è, infatti, una ballad acustica molto ruffiana e radio-friendy, mentre “Resistance Frequencies” strizza l’occhio allo ska con la presenza di fiati e ritmi festosi
Infine, sebbene non ci si trovi difronte un disco particolarmente elaborato dal punto di vista formale, bisogna riconoscerne i meriti nel suo essere estremamente diretto e coerente con l’identità stilistica della band dal punto di vista sonoro e compositivo. Non inventano nulla di nuovo, questo è vero, ma scompongono e ricompongono quello che hanno inventato finora e lo rendono di volta in volta un lavoro sempre valido, degno di nota sia per il messaggio che lanciano che per come lo fanno. Un comeche non perde un briciolo i credibilità da circa venti anni e che continua a sventolare la sua anti-bandiera reazionaria con acutezza, potenza espressiva e profondo senso etico/estetico.
Tracklist:
- Hate Conquers All
- It Went Off Like A Bomb
- 20/20 Vision
- Christian Nationalist
- Don’t Let The Bastards Get You Down
- Unbreakable
- The Disease
- A Nation Sleeps
- You Make Me Sick
- Un-American
- Resistance Frequencies
A cura di: Francesca Mastracci