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PEPPE BARRA – Teatro Colosseo (Torino), 20.11.2024

Una serata magica, carica di emozioni e ricca di momenti indimenticabili. Peppe Barra, con i suoi 80 anni portati con la grinta di un giovane artista, ha saputo affascinare il pubblico con la sua voce, la sua teatralità e la sua immensa cultura musicale. Barra ha aperto le porte a un mondo fatto di storie antiche e canzoni senza tempo. Con la sua energia travolgente, ha riportato alla luce le filastrocche mnemoniche che le nonne recitavano ai bambini per aiutarli a memorizzare le cose, come quella sugli animali da cortile, dove il tacchino, “uallarino” in napoletano, fa da protagonista.

L’omaggio a Giambattista Basile


Uno dei momenti più toccanti della serata è stato l’omaggio a Giambattista Basile, autore del Pentamerone e precursore dei grandi scrittori di fiabe come Perrault e Grimm. Barra ha recitato con passione la storia dei “Sette cigni selvatici”, portando il pubblico nella Casa del Tempo. Questo momento è stato molto toccante, difficile trovare parole per descriverlo, ma l’arte interpretativa del maestro Barra qui ha toccato l’apice. È stato emozionante ascoltare Barra, a 80 anni, dare vita a queste antiche parole con una forza e una sensibilità straordinarie.

“Cicirinella” non poteva mancare, infatti il maestro, con il suo tipico senso dell’umorismo, ha scherzato sul fatto di stare per eseguire una canzone che non faceva da tanto tempo, per poi intonare “Cicirinella”, scatenando risate e applausi tra il pubblico. Un momento leggero ma comunque molto coinvolgente.

La serata è stata anche occasione per riflettere su temi importanti. Barra ha condiviso un aneddoto toccante su uno suo spettacolo al Frullone di Napoli, ex ospedale psichiatrico. Racconta di come i pazienti gli abbiano preparato una sorpresa, esibendosi in “Je so’ pazzo” di Pino Daniele. L’artista ricorda con grande felicità che uno dei pazienti si alzò dicendo: “Non c’è arte senza follia e non c’è follia senza arte”. Parole che hanno lasciato il segno e hanno sottolineato il profondo legame tra creatività e sensibilità.

 

I momenti dedicati alla tradizione napoletana non sono mancati, uno dei miei preferiti è stato quello dedicato alla tradizione con la “Tammurriata Nera” di Mario Nicolardi, scritta nel 1944. Barra ha introdotto il brano spiegando come le tammurriate siano riti esorcistici accompagnati dal tamburo, strumento di materia organica che connette l’uomo alla terra. In particolare la Tamurriata Nera, narra di un dopoguerra dove i soldati goumier (soldati marocchini), violentavano donne napoletane che poi mettevano alla luce bambini di colore. Il maestro ha sottolineato l’importanza di combattere la violenza, in particolare quella sulle donne, con l’arma della cultura. Ha iniziato la canzone con i numeri della cabala, insieme al pubblico per inscenare un piccolo esorcismo di luce, pace e amore per superare i momenti bui.

La serata è stata arricchita da omaggi a grandi nomi della musica italiana. Barra ha ricordato Giorgio Gaber, definendolo “colto e intelligente ma anche un po’ folle”, eseguendo una sua canzone con profondo rispetto e ammirazione. Ha poi interpretato una poesia di Ferdinando Russo, tratta dal L’Inferno della poesia napoletana, affrontando temi intensi con la sua solita maestria.

I musicisti in primo piano

Non solo Barra, ma anche i musicisti che lo accompagnavano hanno brillato. Ci sono stati momenti in cui i maestri hanno avuto spazio per esibirsi in assoli spettacolari. Particolarmente coinvolgente è stato l’assolo del giovane musicista al pianoforte e alla fisarmonica, che ha conquistato il pubblico con il suo talento.

Dopo aver salutato il pubblico, Barra è tornato sul palco per un bis attesissimo, regalando una toccante interpretazione di “Vàsame” di Enzo Gragnaniello. Una chiusura perfetta per una serata che ha saputo toccare tutte le corde dell’anima.

Immagine che rappresenta l'autore: Stefano Cerelli

Autore:

Stefano Cerelli