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Ondalternativa

NADA SURF – Traffic (Roma), 18.09.2025

Nel 2016, ovvero l’ultima volta che i Nada Surf hanno suonato a Roma, a vederli c’erano molte delle persone che erano presenti giovedì sera al Traffic. Questo lo so, non perché ci fossi anche io (purtroppo), ma perché quasi tutte le mie conoscenze al live c’erano e me lo hanno confermato. Questo per sottolineare come la band di New York si sia creata negli anni una fitta rete di fedeli sostenitori che resiste nel tempo, album dopo album. Far in modo che le persone restino, in un contesto molto fumoso di volatilità generale dei gusti musicali, è una vera sfida che solo, mi permetto di dirlo, chi il mestiere della musica lo vive come artigianato dei sentimenti riesce a compiere.

Originariamente programmata all’Hacienda, la serata fa parte del fittissimo e variegato calendario di Invincible Fest, il festival che da qualche mese ci sta regalando molte emozioni nella programmazione di eventi live su Roma (stay tuned perché già sono state annunciate le prime date dell’edizione 2026).

 

Ore 21,30. Ad aprire la serata sul palco allestito fuori dal locale (che vive i suoi ultimi momenti di gloria prima dello smantellamento invernale outdoor), si è esibita con la sua band GIIN, cantautrice giovanissima dalla verve pop-rock e quel retrogusto smaccatamente grunge novantiano declinato con il linguaggio fresco ma profondamente genuino che contraddistingue la sua generazione. Ha accompagnato, per una mezz’ora circa, l’arrivo delle persone mentre la sala interna iniziava a riempirsi, nonostante il caldo asfissiante placato da qualche condizionatore qua e là.

Con una precisione svizzera e senza farsi attendere, i Nada Surf salgono sul palco alle 22,15. Matthew Caws (voce, chitarra) con i suoi modi gentili e l’immancabile t-shirt a righe, Daniel Lorca (basso) sempre più simile ad un octopus affabile e istrionico con la chioma piena di rasta, Ira Elliott marziale e ieratico dietro la sua batteria, e insieme a loro, il quarto membro aggiunto della band Louie Lino alle tastiere.

I primi tre pezzi riprendono pedissequamente la triade introduttiva dell’ultimo disco Moon Mirror del 2024 (“Second Skin”, “In Front of Me Now” e la title track), al quale del resto sarà dedicata anche una consistente fetta dell’intera scaletta, intervallata di tanto in tanto da momenti dialogici in cui Caws cerca prima di dare il benvenuto ai fan leggendo una lettera che ha scritto in italiano e poi, nel corso del live, per introdurre qualche pezzo (fortunatamente in inglese). Ci racconta una storia che forse già conosciamo tutti riguardo la genesi di “See These Bones”, nata proprio a Roma dopo aver visitato nel 2008 la Chiesa dei Cappuccini in Via Veneto; ci parla dell’importanza di valutare la finitudine umana come uno sprono per svegliarci dal sonno del nostro tempo prima di “The One You Want” (dove ci invita in un corale e liberatorio singalong sulle note di “wake up wake up wake up wake up”); e poi le immancabili citazioni ai Pixies con la cover di “Where Is My Mind?” e a Bob Dylan che ha ispirato “Blonde On Blonde”.

Musicalmente la band si mostra in gran forma, con una compattezza performativa sempre bilanciata e mai fuori posto (anche se poco valorizzata dall’acustica), nella quale c’è sempre un perfetto equilibrio tra bassi morbidi, linee vocali vellutate, chitarre fluide e fluttuanti, che però nei pezzi più movimentati si agganciano senza riserve a sezioni ritmiche muscolari (ma mai invadenti), intavolando riff elettrici dall’andamento circolare (come ad esempio in “Killian’s Red”).

In un costante andirivieni di intimità, malinconia e conforto, la serata procede con una velocità incredibile. Alle 23,30 la band si congeda provvisoriamente prima di tornare per l’encore, che soddisfa appieno le nostre aspettative. Non poteva infatti mancare “Popular”, pezzo dal loro disco d’esordio che a posteriori risulta sui generis rispetto alla loro discografia successiva (sia per il doppio registro ritmico che per lo spoken word), ma che è una delle loro gemme identificative. Per finire con la carezza della ballad “Always Love” (unico tratto da The Weight Is A Gift) e della struggente e super emozionale versione a cappella chitarra acustica/voce di “Blizard of ‘77”, sulla quale era impossibile non versare qualche lacrimuccia.

La serata termina tra sorrisi e abbracci, al banchetto del merch per il firmacopie dei dischi.

foto di Federico Mantova

Oltre che musicisti ineccepibili, i Nada Surf sono delle persone molto care ed estremamente attente al rispetto e all’empatia. E non è un caso, infatti, se a tutti gli effetti c’è più ‘amore’ in tutta la loro discografia che in un sonetto stilnovista. Always love per loro sempre!

 

Setlist:

  • Second Skin
  • In Front of Me Now
  • Moon Mirror
  • Inside of Love
  • Killian’s Red
  • Intel and Dreams
  • Losing
  • Mathilda
  • Cold to See Clear
  • Where Is My Mind?
  • New Propeller
  • Floater
  • See These Bones
  • Blonde on Blonde
  • The One You Want
  • Open Seas
  • So Much Love
  • The Way You Wear Your Head

Encore:

  • Popular
  • Always Love
  • Blizzard of ’77
Immagine che rappresenta l'autore: Francesca Mastracci

Autore:

Francesca Mastracci