Laguna Bollente
Neoprimitivi
Softloft
Ugly
The Pill
Joan Thiele
Dumbo Gets Mad
Altin Gun
Tare
King Krule
Il 14 settembre si è conclusa la nona edizione del Poplar Festival, uno degli eventi musicali più interessanti del panorama italiano, con una line-up giovane e variegata, composta da band selezionate tra l’underground italiano e i grandi palchi internazionali. Parallelamente ai concerti nel Parco Doss Trento, Piazza Piedicastello ha ospitato talk e workshop, tra cui Tamangomania con Cyaodieffe e i Tamango, e I Figli dell’odio con Cecilia Sala. Alle porte del Doss, sullo sfondo del parco naturale, l’Eden Sound System ha scaldato il pubblico mentre sul Volt Stage prendevano il via i Laguna Bollente.
La band veneta, composta da Dunia Maccagni ed Elia Fabbro, è stata la prima a esibirsi sul Volt Stage, proponendo i brani del loro primo LP Fantasbocco, tra post-punk, elettronica e lo-fi. Appena terminato il set del duo, puntualissimi sul Doss Stage arrivano i Neoprimitivi, band progressive rock romana che ha debuttato a marzo con Orgiamistero.
A seguire gli svizzeri Softloft riportano gli spettatori in un’atmosfera sognante e luminosa, arricchita dalle bolle di sapone soffiate dai fan in transenna, prima di farli muovere di nuovo con il math rock energico e labirintico degli Ugly (UK) e con il punk dei The Pill, con cui finalmente assistiamo — anzi, partecipiamo — al primo pogo della giornata.
Si torna in Italia con Joan Thiele (Doss Stage) e Dumbo Gets Mad (Volt Stage), progetto di psych/pop a tinte retrò fondato da Luca Bergomi nel 2011. Gli Altin Gün proseguono sulla scia lisergica dei Dumbo, facendoci viaggiare in Anatolia con un sound fortemente caratterizzato dal Baglama del frontman Erdinç Ecevit Yıldız (anche alle tastiere e alla voce), fuso all’elettronica delle tastiere vintage.
Sul palco opposto, nel frattempo, salgono i Tare (Leonardo Ziche e Alberto Munarini, accompagnati da Andrea Moro dei Delicatoni e Paolo Munarini) con un set esplosivo di industrial e nu-jazz, glitch e persino smerigliatrici, in netta contrapposizione alla world music elettrica della band turca. Il crescendo del loro show prepara il terreno al momento più atteso: l’arrivo di King Krule, unica data italiana e ritorno nel nostro Paese dopo anni dal suo live al Club To Club.
Sul palco del Doss Stage, Archy Marshall si presenta con la band al completo e una scaletta costruita soprattutto intorno all’ultimo album Space Heavy, senza tralasciare classici del suo repertorio come “Rock Bottom”, “Easy Easy” e “Dum Surfer”. Accanto a lui spicca la presenza scenica del sassofonista Ignacio “Gal-Go”, che scende tra il pubblico, fa crowd-surfing, risale sul palco, sale in piedi sul monitor e esegue assoli potentissimi con il sax baritono.
Dopo un’ora abbondante di concerto, Archy introduce l’ultimo pezzo con autoironia: “This is my last song…” (“oooooh nooooo”) “…don’t worry, it’s a good one”. È “Out Getting Ribs”, brano presente nell’EP U.F.O. W.A.V.E., quando il progetto si chiamava ancora Zoo Kid (2010), e che ormai lo accompagna in ogni suo live. Questa chiusura sancisce il finale perfetto del Poplar Festival 2025, una giornata che ha oscillato tra sperimentazione, psichedelia, pop sognante e improvvisazione sonora, e che rimarrà impressa nella memoria di chi c’era.