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Lucio Corsi – Atlantico Live (Roma), 18.04.2025

Era il 2016 quando mi imbattei in questo ragazzo della Maremma che aveva appena pubblicato un EP chiamato Altalena Boy\Vetulonia Dakar e fui rapito, dai testi fiabeschi ma carichi di significati, parallelismi, dalle musiche semplici ma dirette.
Quasi dieci anni dopo, dopo averlo visto in festival indipendenti e locali da trecento persone, ecco che Lucio Corsi torna live dopo il boom, meritatissimo, di Sanremo.

Sono circa le 21.15 quando la musica si abbassa (una selezione che non posso non pensare sia stata fatta o quanto meno richiesta da Lucio visto che si susseguono artisti come Battisti, David Bowie, Iggy Pop, Queen) e le luci si spengono.

Sul palco sale prima La Bbanda e poi Lucio, vestito come sempre, come lo abbiamo visto in questi anni, spalline gialle, cerone, stivali e pantaloni neri. Imbracciata la Gibson Marauder (a quanto pare la Les Paul in quel momento stava dando qualche problema) e parte “Freccia Bianca” ad aprire lo spettacolo, un muro di suono si scaglia in faccia a tutti i presenti, come se il suono uscisse da quei due amplificatori stile VOX giganti della coreografia. Lucio non perde tempo, si butta subito fronte palco per cantare le sue canzoni in faccia alla gente, come suo solito, con passione e amore, di chi questa roba non la fa per caso.

Segue “La bocca della verità” altro pezzo pieno di chitarre e distorsioni, tirato e dritto, dove vengono aggiunti riff, soli e oltre a divertire e compiacere il pubblico, Lucio e i suoi amici sul palco se la godono, e forse questa è una delle cose più belle di un suo concerto. L’inizio del live sembra un po’ frettoloso, infatti partono subito dopo “Danza Classica” e “Radio Mayday” e un vero primo respiro lo si prende prima di “Questa Vita” primo brano suonato del nuovo disco con quelle dinamiche un po’ alla Rino Gaetano tra chitarre acustiche e controcanti eseguiti sempre alla perfezione

Al piano per “Trieste” , una canzone che quasi sembra parlare di questo suo ultimo periodo “scoprimmo che il vento cantava \ il giorno che passò in tv” una canzone del 2020 che sembra veramente, almeno nei primi versi, riprendere lo straordinario incantesimo che Lucio ha fatto durante Sanremo a tutta questa gente che oggi riempie i palazzetti e canta a squarciagola tutte le sue canzoni. Seguono “Cosa faremo da grandi?” e “Sigarette” sempre al piano, sempre con una cura per ogni nota suonata, la Bbanda tra chitarre elettriche, sintetizzatori, piani elettrici, lap steel guitar, tamburelli, riempiono l’aria con note e vibrazioni che non possono lasciare indifferente a chi ama la musica dal vivo, ma soprattutto, la musica dal vivo suonata bene.

Un classico nei concerti di Lucio Corsi, lui solo al piano che canta “Hai un amico in me” (un assaggio in realtà) per poi eseguire la cover di “La gente bassa (Short People)” di Randy Newman. La grandezza di Lucio è anche questa, saper tenere un palco così grande, davanti a tanta gente, con solo un piano e la sua voce, la sua espressività. E non è scontato per niente.

Di nuovo chitarra, stavolta la Les Paul nera decide di essere la protagonista e parte il solito riff di “Amico vola via” canzone sul come spesso, ci sono altri modi, migliori, per risolvere dei problemi. “Il Re del Rave” altro brano tratto dal nuovo disco, live ha una carica inaspettata, Lucio molla il piano dopo qualche accordo lasciando le redini alla Bbanda e si butta di nuovo faccia a faccia con il pubblico.

“Orme” e :La ragazza trasparente” vengono eseguite al piano, prima di un mix di cover, il riff iniziale di “Rimmel” (De Gregori) lascia pero un tappeto sonoro per la sempre suonata “Maramma Amara” che si trasforma nel finale in “E non andar più via” (Dalla) .

Finalmente riusciamo a sentire un po’ di Bestiario Musicale anche in questo concerto quanto Lucio prende la sua Gibson Hummingbird e suona in solitaria “La Lepre” e poi subito dopo “Senza Titolo”, un talking blues da troppe parole, un “casino” , a detta di Lucio.

Dopo la (ormai famosa) poesia sui parchi che di notte vengono chiusi, non poteva mancare la cover di “Nel blu dipinto di blu” ahimè, senza Topo Gigio ma con due membri della Bbanda (Basso e Chitarra) che supportano nei cori un momento magico che fa cantare, ancora, tutte le persone presenti.

Sempre al piano, Lucio invita sul palco un amico per i prossimi brani e sul palco arriva Tommaso Ottomano amico fraterno e co-autore che, presa la Gibson Marauder si unisce a la Bbanda per eseguire “Situazione Complicata”. Per il brano successivo, Lucio imbraccia la Les Paul, Tommaso rimane sul palco e in quel momento ci sono più chitarre che ad un concerto dei Sonic Youth, parte un riff dal puro sapore classic rock, ma non stantio, non vecchio, anzi, epico, queste chitarre suonano all’unisono scambiandosi armonici come una danza nell’aria. Con la chitarra ancora a tracolla, Lucio si siede al piano per iniziare una versione di “Volevo essere un duro che fa letteralmente esplodere il posto ma subito dopo ecco che sul palco viene chiamato anche Francis Delacroix non come fotografo, bensì come chitarrista, si presenta con una strato rossa (quanti musicisti ci sono ora sul palco? Troppi, ma va bene, va benissimo così) al piano Lucio da il via a una versione fuori di testa di “Francis Delacroix” puro rock n roll, veloce, assoli di chitarre, riff, Lucio che si porta dietro mezzo palco con il cavo del microfono facendo cadere aste, sgabelli, suonando l’armonica, cantando e facendo uno spettacolo che lascia il cuore gonfio di piacere.

Lucio ci ha sempre abituato a concerti lunghi, suonati, e ce li aveva promessi e infatti subito dopo, senza riprendere fiato, parte “Magia Nera” e inizia anche un accenno di pogo partito con il brano precedente e che ritrova stimoli in “20th Century Boy” cover dei T-Rex. “Una canzone che non ho mai imparato” introduce “Il Lupo”, con tanto di leggio con un quaderno che riporta la scritta esterna Bestiario Musicale, anche qui, le chitarre di Filippo Scandroglio esplodono in riff e in un blues che non permette di stare fermi.

Di nuovo una luce illumina solo Lucio sul palco, solo e al piano, che suona una canzone che ci ha regalato il 24 Dicembre 2024 e che è racchiusa anche nell’ultimo album : “Nel cuore della notte” un brano di circa 6 minuti che è un viaggio, una cura. L’atmosfera è incredibile, ancora una volta bastano l’artista e il suo strumento per farci venire i brividi. Ancora una volta Tommaso Ottomano sale sul palco per una versione acustica piano e chitarra di “Tu sei il mattino” in cui si può capire nell’esecuzione la sintonia che i due amici hanno e quanto sia importante il loro rapporto nella musica.

“Altalena Boy” è un po’ il pezzo che chiude (per ora) il concerto, l’unico brano di quel primo EP, che oggi, suonato su quel palco, acquista una potenza ancora più forte rispetto ai tempi in cui apriva i concerti ai Baustelle.

Non poteva mancare una versione di “Astronave Giradisco” a concludere il tutto, ma sia Lucio che il pubblico non vogliono lasciarsi e quindi di nuovo sul palco Tommaso e Francis per una versione più blues e lenta di “Francis Delacroix” in cui Lucio salta sul piano e fa correre a destra e sinistra i backliner e addetti ai lavori sul palco.

Chiude come sempre, con un bis di “Freccia Bianca” dove scavalca le transenne e arriva in mezzo a noi, dove si sa gli piace stare. Cantata e suonata in mezzo alla folla è il finale perfetto di un concerto che lascia ricordi e sensazioni indelebili, uno show che non può lasciare impassibili e che ti fa venire voglia di averne ancora.

31 Brani, circa, due ore e qualcosa di concerto, intermezzi acustici, sferzate rock n roll, talking blues, un sacco di strumenti suonati, amplificatori valvolari, sudore e cuore. Di questo avremmo sempre bisogno.

Immagine che rappresenta l'autore: Emanuele Ippopotami

Autore:

Emanuele Ippopotami