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Ondalternativa

Intervista Stone Sour

Poco prima del concerto degli Stone Sour a Bologna, abbiamo avuto modo di fare due chiacchiere con Josh Rand, chitarrista della band.

Ciao! Pronti per stasera?
Certo! Abbiamo preparato qualcosa di nuovo per stasera, siamo eccitati.. cose che non avevamo suonato quando siamo stati qui in Italia lo scorso autunno.

 
Avete in programma pezzi sia da The House Of Gold & Bones part 1 sia THOG&B part 2?

Sì, sarà un mix di pezzi dei due album, e pezzi di album precedenti.

 
Modificate le canzoni per i live? E quando le scrivete, avete già in mente come potranno rendere dal vivo?

Questo è qualcosa a cui non penso quando scrivo. In generale no: registrare e suonare dal vivo sono due cose molto diverse. Quando scrivi sei nel mezzo di un processo creativo, provi varie cose, sperimenti… fino ad arrivare al punto in cui il disco è come deve essere. Poi ci mettiamo a vedere come possiamo tradurre questi pezzi in un contesto live. Specialmente perchè nel disco ci sono molti layering di chitarra, quindi dobbiamo scegliere quali parti suonare dal vivo. Fortunatamente in molti pezzi anche Corey (cantante, NdR) può suonare alcune parti live, mentre io e Jim (chitarra, NdR) suoniamo le altre parti, così siamo in tre a suonare le chitarre, questo aiuta.

 
Come scrivete le canzoni? Qual è il processo creativo?

Dipende… musicalmente, siamo tutti a noi a scrivere, mentre i testi sono di Corey. Tutti scriviamo le nostre canzoni, e quando è tempo di fare un disco, tutti portiamo i nostri lavori, e poi lavoriamo insieme su materiale scritto dai vari individui, con le proprie diversità. Perchè non abbiamo solo uno o due scrittori, e ognuno di noi ha gusti diversi. E tuto contribuisce al sound che abbiamo. Il processo è che ognuno scrive individualmente, e quando è tempo di fare un nuovo disco, ci troviamo tutti in una stanza insieme, come band.

 
Con questo disco per la prima volta avete proposto un concept album: è stato diverso scriverlo, scegliere quali canzoni sarebbero effettivamente finite nel disco? Vi siete approcciati in modo diverso alla scrittura?

Per quanto riguarda le canzoni: abbiamo pubblicato tutte le canzoni che avevamo, tranne una strumentale. Abbiamo registrato 24 pezzi, nei due album ce ne sono 23. Poi abbiamo finito il tempo a nostra disposizione, e il pezzo strumentale non era ancora pronto, non era ancora come avremmo voluto che fosse.

Per quanto riguarda il concept: penso che abbia aggiunto sicurezza alla scrittura. Abbiamo potuto allontanarci un po’ dalla norma, dato che era un concept album. Non so nemmeno come sia accaduto. Ripensandoci, questa cosa ci ha fatto sentire più… in vena di sperimentare, più liberi. Un po’ tipo "è un concept album, non ci sono regole". Il che non ha molto senso, ma penso che sia stato questo il processo.

 
Tutti i vostri album, pur essendo tutti dischi degli Stone Sour, sono diversi l’uno dall’altro. Ma quest’ultimo lavoro mi è sembrato diverso in un altro modo ancora. Anche dal punto di vista musicale: sembra più completo, più vario… a volte il concept rischia di penalizzare la musica, in quanto l’attenzione è più sui testi; qui la musica sembra averci guadagnato.

Noi cerchiamo sempre di migliorarci. Ci sono band che fanno sempre lo stesso album, e magari per loro funziona benissimo così. Ma per noi questo non è eccitante. Abbiamo sempre un certo sound, ma vogliamo anche provare nuove cose, questo rende tutto più divertente. Così è stato questa volta, e spero che continueremo. Questo lavoro ha messo l’asticella molto in alto per quando faremo il prossimo disco.

Ma allo stesso tempo sono elettrizzato, perchè sento che grazie a questo stesso disco, allo stesso concept… si sono aperte strade verso un suono più.. come dire… a più ampio spettro.

Per esempio, prendi Red City. Mentre la scrivevano, pensavo "che figata, nessuno si aspetterà un pezzo così come prima traccia"… un sound così oscuro, basso. Oppure prendi Black John: una canzone up-beat, quasi un pezzo disco. E in mezzo hai accordi jazz nel bridge e nel pre-chorus.

Sarà interessante vedere dove andremo da qui, perchè secondo me si è aperto un nuovo mondo, specialmente dopo part 2. Se il part 1 era un bel disco rock, il meglio di ciò che avevamo già fatto, con il part 2 siamo a qualcosa di ancora nuovo, che potrebbe essere la direzione in cui proseguire in futuro.

 
Sapete già qualcosa sul nuovo disco? Sarà anche quello un concept album?

No, ancora non ne abbiamo nemmeno discusso.

 
Avete registrato i due album (part 1 e part 2) contemporaneamente?

Sì, li abbiamo registrati insieme. In tre mesi. lavorando mediamente sei giorni a settimana, 10 ore al giorno.

Tutti erano molto concentrati. Se ci ripenso è folle: abbiamo fatto due dischi in pochissimo tempo, in tre mesi: Audiosecrecy da solo ha richiesto circa il doppio. Ci siamo presi un grande momento creativo per noi, e tutto è accaduto velocemente.

Non deve essere facile registrare due dischi contemporaneamente, e farli suonare diversi tra loro.
Penso che quel che è successo sia che una volta che abbiamo messo insieme la sequenza di ciò che sarebbe stato il disco, abbiamo iniziato a lavorare sulle canzoni. E penso sia per questo che part 2 è risultato più aperto: eravamo più nel groove, più a nostro agio nell’ambiente dello studio. Eravamo anche in anticipo sulle tempistiche che ci eravamo dati. I tempi erano stretti, ma per esempio una volta che Roy aveva sistemato tutte le registrazioni con la batteria, ha iniziato a lavorare al sequencing e alle tastiere in un’altra stanza. C’erano allo stesso tempo più stanze in cui si lavorava in parallelo. Part 2 è più.. tematico, cinematico, come un film, come una colonna sonora per la storia. Mentre il part 1 è più un grande album hard rock.

L’intera band è coinvolta anche nella produzione?
Quello in realtà è finito per essere compito mio! Perchè Corey e Jim erano con gli Slipknot. Roy si stava occupando di altre cose. Quindi Jay Ruston chiamava me per queste questioni. Ero l’uomo in mezzo, tra Jay Ruston e la band. Era da impazzire. Ciò di cui avevamo paura era che, dato che tutti eravamo in posti diversi, se ognuno avesse mandato le proprie modifiche separatamente a Jay, lo avremmo fatto impazzire: uno che dice di cambiare una cosa, un altro che ne propone un’altra. Quindi, dato che io ero a casa, è finito per essere compito mio quello di stare in mezzo: sentire il resto della band, e parlare a nome di tutti. Comunque era da pazzi. In ogni caso, sì: siamo stati tutti coinvolti nella produzione. E comunque, se hai una persona in gamba al mix, non puoi stare lì a cambiare tutto o dirgli come lavorare: è nel tuo interesse lasciargli comunque spazio di lavorare come pensa sia meglio.

Quali sono i prossimi piani per il futuro?
Dopo il tour ci sarà un po’ di break. Forse in primavera. Per quanto mi riguarda sto lavorando a un DVD.

Parlando di chitarre: come descriveresti il modo di suonare insieme di te e Jim? Com’è mescolare i due stili?
Penso che ci completiamo a vicenda. A lui piace fare il layering, gli assoli.. Per me: ok gli assoli… ma preferisco i riff, così posso fare headbanging mentre suono. Per questo dico che ci completiamo: ognuno riesce a fare quello che vuole nella band.

Tra poco faremo headbanging tutti quanti qui… grazie per l’intervista.
Prego.

Intervista a cura di Lisa Donatini

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