Ciao ragazzi, grazie per aver accettato di fare due chiacchiere con noi, è sicuramente un periodo
intenso per la band.
16 anni di carriera, 6 album, 400 concerti in tutta Europa, 12 mila dischi venduti, oggi siete
qui per parlarci del vostro settimo album, dal titolo emblematico, “16 anni dopo”. Cosa è
successo in questi 16 anni?
In questi 16 anni è successo tutto ciò che accade nella vita ossia gioie, dolori,
soddisfazioni e delusioni, tante speranze, tanti successi e insuccessi ai quali aggiungere
sbronze colossali, risse e mille altre cose poco raccomandabili…
Avete annunciato le prime date del tour promozionale di “16 anni dopo”, ho seguito i
commenti sui social e ho visto che si sta creando un certo fermento nel pubblico punk,
riuscirete a soddisfare tutte le richieste di esibizioni dal vivo o qualche regione non ha
strutture idonee e quindi vi sarà impossibile esibirvi?
Sicuramente cercheremo di andare ovunque ci chiamano, non abbiamo grandi pretese ed
amiamo suonare quindi ben vengano più date possibili!
Cosa dobbiamo aspettarci dal vostro live?
Tante canzoni in scaletta, molte delle quali non suonavamo da anni, bordate a più non
posso e quanto più divertimento possibile!
Ogni volta che sento parlare del punk la maggior parte delle voci dicono che il punk è
morto e che è una piccola comunità. Da quello che ho visto io si tratta di una morte molto
vivace e numerosa, una vera strage di allegria, sembra quasi che i punk stiano
proteggendo il proprio spazio per evitare il mainstream. Voi cosa ne pensate?
Il punk in realtà non morirà mai, diciamo che ora non gode di tutta l’attenzione che aveva
10 anni fa. Spero tanto che molte band seguano la propria strada e non abbiano paura di
rinnovarsi. Il Problema di una scena come quella punk italiana è la paura di evolversi.
Troppe band sono conservatrici, puriste e non vedono di buon occhio nemmeno un
accenno di giro che non risponda allo standard classico del manuale del punk! Noi ce ne
stiamo fregando alla grande e facciamo ciò che secondo noi rispecchia il mondo in cui
viviamo. Il Punk del 2015 non può essere quello del 1994, troppe cose sono cambiate e la
musica deve andare di pari passo con la società in cui viene composta a da cui trae
ispirazione. Per quanto riguarda il mainstream non credo ci si debba preoccupare.
Viviamo in un’epoca in cui il mainstream sono amici ed x factor, una volta che ne stai fuori
sei su web e al massimo in radio e male non può farti!
Parliamo ancora di punk, sicuramente il punk di oggi è diverso da 20/30 anni fa, si vedono
poche creste, poche spille da balia conficcate in faccia, oggi tutti usano giubbotti di pelle e
pantaloni stretti, non sono più segni identificativi del punk, i musicisti sono tutti bravi
ragazzi carini, educati e istruiti. Cosa è successo?
Il punk ha perso la propria identità o si
è evoluto in un movimento più consapevole?
Sinceramente non credo che quelli siano punk, sono ragazzini confusi che mettono la
maglia dei Ramones e ascoltano i Club Dogo.
Avete lavorato con tantissimi artisti e gruppi, chi di loro vi è rimasto più impresso e
perchè?
NOFX perchè non sono stronzi come dice la gente, sono semplicemente degli strafattoni.
La loro correttezza è ineguagliabile. Noi non siamo nessuno, eppure quando abbiamo
suonato assieme ogni volta si sono prodigati per far sì che sia noi che loro avessimo lo
stesso spazio sul palco e tutto il tempo per fare il nostro show. Si son sempre preoccupati
di farci montare la batteria sullo stesso loro raiser. Una volta addirittura faceva un caldo
mortale e appena il loro drum tech ha visto che non avevo il ventilatore acceso è corso ad
accedermelo e posizionarmelo meglio!
Le vostre canzoni passano in radio. Quanta emozione si prova a vedere riconosciuto il
proprio lavoro? Voi come avete fatto a fare quel passo in più che manca a tanti gruppi
della scena underground?
E’ un’emozione grandissima. Dopo tutti questi anni finalmente possiamo arrivare ad
ancora più gente! Semplicemente abbiamo fatto ascoltare il disco e due canzoni sono
piaciute al punto da far pensare alla radio che potevano provare a fare qualche passaggio,
da lì ha fatto tutto la gente, siamo piaciuti e in tantissimi hanno dimostrato interesse,
sempre di più fino a che siamo passati in programmazione ufficiale. Da lì il rapporto con
Virgin Radio e la stima si sono consolidate e abbiamo continuato la nostra collaborazione.
16 anni dopo. E’ un periodo lunghissimo, eppure siete arrivati a dirlo. Secondo voi c’è la
possibilità che tra 16 anni dovrete rispondere nuovamente a questa domanda?
Noi lo speriamo. Minchia 32 anni dopo son tantini… speriamoci!!
Parliamo di interviste. E’ sicuramente una parte molto importante della promozione di una
band o di un disco, ma mi è capitato di vedere poca collaborazione tra chi intervista e chi
viene intervistato. Ho il sospetto che sia più colpa di chi intervista, stiamo diventando tutti
un po’ noiosi, vi lasciamo poco spazio di espressione e ci atteggiamo a rockstar perchè
pensiamo di avere il coltello dalla parte del manico. O una parte della colpa va attribuita
alle band? Quale domanda avreste voluto?
Ahah, secondo me sono alcuni artisti che sono pigri e non hanno voglia! Poi le domande
sono quelle, se si parla di una band e un disco sono più contento che mi si chieda 100
volte come è nato il disco o come abbiamo scritto una certa canzone, piuttosto che con
creatività uno magari scelga di farsi i cazzi miei e mi chieda cose troppo private o mi faccia
domande imbarazzanti. Vanno benissimo le domande che hai fatto 😉
Grazie per il tempo che ci avete dedicato, adesso vogliamo gustarci il frutto della vostra fatica
creativa e attendiamo i vostri live. Possiamo rivederci alla fine del tour per sapere come è andata?
Grazie a te! Certamente, noi siamo sempre dispostissimi a fare due chiacchere
Intervista a cura di Valentina Ferrari