(a cura di: Francesca Mastracci)
A fine marzo è uscito RISERVE, il secondo disco in studio del duo cuneese I Boschi Bruciano. Dopo il fortunato esordio nel 2019 con Ci Pesava, i fratelli Pietro e Vittorio Brero (fondatori del progetto) hanno deciso di intraprendere un percorso in solitaria, senza il resto della band ad accompagnarli. Questo disco inaugura, dunque, un nuovo capitolo nella loro discografia e rappresenta un maturo punto di congiunzione tra passato e presente.
Li abbiamo intervistati per parlarne insieme.
Ciao ragazzi, intanto grazie per questa intervista! Piacere di conoscervi.
Come si direbbe in questi casi, RISERVE rappresenta la vostra “grande svolta”. Fate il vostro esordio in duo e a livello musicale si sente una preponderante sterzata elettronica rispetto a CI PESAVA del 2019. Come ci descrivereste il disco?
RISERVE è un disco aggressivo, con testi essenziali, diretti ed energici nella forma.Le canzoni di RISERVE possono essere ascoltate in qualsiasi ordine, abbiamo immaginato ogni brano come un potenziale singolo e rappresentativo di tutto il disco.
E nel complesso, che peso ha avuto questo passaggio nella vostra storia ?
A dire il vero è stato un passaggio molto naturale. Volevamo rendere il sound più fresco, più attuale. In Italia il rock viene considerato un genere “vecchio” , noi volevamo dare qualcosa di nuovo a tutti gli amanti dei chitarroni.
Quali sono le Riserve a cui allude il titolo?
Facciamo riferimento ai giovani, ai ragazzi della nostra generazione al fatto di come la nostra società si divida in persone “titolari” che partecipano attivamente al gioco della vita e in riserve che si preparano ad entrare in campo senza sapere se gli sarà permesso.
Come sono cambiati invece, da un punto di vista performativo, i live ora che siete un duo?
Sembra difficile da credere ma facciamo più casino di quando eravamo in quattro! Scherzi a parte in formazione duo il live è davvero impegnativo ma si tratta di una sfida che abbiamo accettato più che volentieri. Abbiamo curato ogni aspetto del concerto in modo che non ci fossero silenzi o momenti troppo “morbidi”. RISERVE live è ancora più rock che su disco.
Per l’uscita del disco, avete deciso di utilizzare una “maschera” colorandovi il volto con una striscia rossa in stile indigeno (come anche la ragazza in copertina). Perché questa scelta?
Il titolo dell’album fa anche riferimento alle Riserve indiane. Una sorta di parallelismo con le provincie Italiane. Luoghi sperduti dove la gente sente di non aver avuto una chance. La maschera è intesa come pittura di guerra, ci trucchiamo anche live, la vita è una guerra e il palco per noi è il campo di battaglia.
Quali sono le vostre maggiori fonti di ispirazione nella fase compositiva dei pezzi?
Prendiamo ispirazione da tutto ciò che ci circonda, da esperienze, da persone che abbiamo conosciuto e addirittura da libri e film. La maggior parte dei testi nascono da discussioni che abbiamo fatto sul mondo di oggi, l’Italia e le sue ingiustizie, la nostra generazione e ciò che ci è stato negato. A livello tecnico, di sound in generale, guardiamo con ammirazione a band straniere come Nothing But Thieves, Cleopatrick e Grandson.
Riagganciandomi all’ultimo pezzo del disco “Addio” (e ai versi “cade la neve su un altro inverno grigio freddo stupido di questa provincia che alla fine non ti lasci mai alle spalle”), una domanda che mi piace spesso chiedere quando intervisto musicisti provenienti da realtà territoriali in qualche modo distanti rispetto ai centri artistici a livello nazionale con una maggiore concentrazione di possibilità: la vostra estrazione geografica è stata per voi un limite o una spinta?
Forse entrambe le cose! Principalmente è stato un grande limite, specialmente nei primi anni di attività. Eravamo tagliati fuori da tutto e ad ogni sforzo venivamo puntualmente rimessi al nostro posto. La cosa più difficile del suonare in provincia è avere a che fare con la gente di provincia. Se fare il musicista per un ragazzino può sembrare un sogno impossibile in provincia è un atto di fede! Tutta questa negatività invece che scoraggiarci col tempo ha avuto l’effetto opposto. Volevamo dimostrare il nostro valore a discapito di tutto e ancora oggi è la nostra missione.
Qualche anno fa avete coverizzato un brano di Cosmo (“L’ultima festa”), perché avete scelto proprio quello?
Spesso quando cerchiamo un nuovo sound ci esercitiamo suonando brani lontani dai nostri ascolti cercando di avvicinarli al nostro stile. Ciò permette di concentrarsi unicamente sul sound senza l’incombenza di scrivere testi e linee vocali. Se il risultato ci diverte lo pubblichiamo. Lo avevamo già fatto con Insieme A Te Sto Bene di Battisti e con L’Ultima Festa, che sostanzialmente è un brano dance, volevamo spingerci ancora di più al limite della nostra comfort zone.
Ci sono altri pezzi che vi piacerebbe re-interpretare in futuro?
È da un po’ di tempo che non valutiamo di fare un’altra cover ma probabilmente succederà ancora. Forse potrebbe essere interessante affrontare un brano in inglese.
Come sta andando la promozione del disco?
Speriamo bene! Abbiamo un bel tour grazie a LOCUSTA Booking e non vediamo l’ora che arrivi l’estate per fare un po’ di festival. Ai concerti vediamo gente che canta le canzoni e per noi è già una grande conquista. Stiamo preparando altro materiale, videoclip e video live che usciranno nei prossimi mesi. E a breve avremo anche le copie fisiche di RISERVE.
Domanda di rito: progetti? Tour in vista?
L’unico progetto è fare dischi e live. Abbiamo il sogno nel cassetto di suonare in Europa. Abbiamo già pubblicato un cartellone di date che trovate sui nostri social e a breve annunceremo i concerti estivi.
Grazie mille ragazzi. A presto!
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