Live Report The National
Auditorium
Parco della Musica, Roma,
30/06/2013
Come riuscire a far convivere in un complesso due anime talmente diverse come quella che tende a voler dominare gli stadi e quella che vorrebbe sguazzare nel rock più indipendente possibile?
E’ una domanda che mi sorge spontanea ogni volta che riesco ad avere la fortuna di vedere la band di New York dal vivo. Dopo l’appuntamento lo scorso anno nella splendida Piazza Castello a Ferrara, concerto che lasciò numerosi segni mentali e fisici, sicuramente gradita per le mie stanche membra è stata la possibilità di potermi recare al comodo Auditorium di Roma per i National.
Il gruppo viene dal discreto successo del nuovo album Trouble Will Find Me, che li ha visti proseguire la strada di rock “maturo” intrapresa con High Violet, stavolta senza riuscire a spiccare con un singolo di successo come invece fu per Bloodbuzz Ohio e Terrible Love per il precedente.
Si comincia puntuali alle nove e l’eccitazione del pubblico è palpabile, anche se effettivamente Squalor Victoria e i primi pezzi dal nuovo scorrono via senza lasciare gran segno.
E’ solamente con la trascinante Sea of Love che, finalmente, i nostri tirano fuori i muscoli, ricattando moralmente il pubblico ad alzarsi in piedi poichè per gli americani è necessario ridurre al minimo qualsiasi distanza fisica.
Dietro i nostri scorrono lentamente immagini e motivi quasi ipnotici, mentre si lanciano nelle apprezzatissime Afraid of Everyone e Conversation 16. Non ho invece particolarmente gradito Mistaken for Strangers, ottima in versione studio, molto meno graffiante nella versione dal vivo.
Qualche cambio nella scaletta rispetto alle scorse date, regala al pubblico romano la possibilità di ascoltare qualche novità: Baby We’ll Be Fine, una squisita sorpresa, e Sorrow, di cui invece non sentivamo la mancanza, specie rispetto a England che ha marcato visita.
Pink Rabbits invece, anche dal vivo, si conferma una dei momenti migliori del nuovo lavoro, crescendo in valore a ogni ripetuto ascolto.
Un discorso a parte meriterebbe About Today, pezzo che avrei voluto sentire in una veste particolarmente intima, magari solo due chitarre acustiche e la voce del frontman Matt Berninger; invece anche quella tende a voler essere portata a livelli Springsteen con pubblico obbligato ad applaudire e tutte le tipiche menate del caso. Uno di quelle volte in cui l’anima da stadio, ahimè, ha il sopravvento su tutto il resto.
Con l’immancabile Fake Empire si conclude la parte principale del concerto. I nostri torneranno per un nutrito encore di cinque pezzi, di cui la parte da leone la farà ovviamente Mr November, che ha visto Matt preso da furia semiomicida, mentre si aggirava tra il pubblico nel disperato tentativo di abbracciare coloro che si trovavano in tribuna. E tutto questo portandosi dietro un microfono col cavo… capirete che il rischio di decapitazione per i poverini nel parterre era particolarmente elevato. Alla fine tutti si siano tenuti la testa sul collo… eccetto Matt, ovviamente.
Si conclude con Vanderlyle Crybaby Geeks, cantata a microfoni spenti e lasciata quasi interamente al pubblico. E’ un momento che avevo già vissuto, eppure ogni volta qualcosa entro di me si muove e non commuoversi è praticamente impossibile.
Insomma, se mi viene da riversare critiche ai nostri è sostanzialmente per motivi di affetto, in caso contrario non mi ci sprecherei nemmeno. Sarà una banalità, ma davvero se non li avete mai visti dal vivo, vi state perdendo un’esperienza unica.
Grazie a Concerti in Roma per l’opportunità.
A cura di Damiano Gerli