Intervista 1789
a cura di: Francesca Mastracci
Poco più di un mese fa vi abbiamo segnalato l’uscita di un disco che sigla il ritorno sulle scene di un duo di musicisti romani fino a poco tempo fa conosciuti come Sadside Project.
FARO rappresenta un punto di svolta nella carriera della band che, in nome della grande rivoluzione, ha deciso di affidare il proprio destino musicale sotto l’egida di 1789.
Un disco dai toni agrodolci, una ricerca di spazi allotropi in bilico tra la nostalgia verso un passato ormai perduto “seppellito sotto anni di ricordi e nullità” (“LOOT”) e l’evocazione fantascientifica di mondi chimerici che comunque pregna ogni traccia di questo racconto diviso in sette capitoli.
Abbiamo scambiato due chiacchiere con Domenico Migliaccio e Gianluca Danaro per farci raccontare come sono arrivati a questo snodo che segna un nuovo inizio per la loro carriera discografica e farci descrivere il disco.
Ciao ragazzi, intanto grazie per questa intervista.
Ciao Francesca, è un piacere per noi.
Iniziamo con una domanda originale che sicuramente non vi avrà fatto nessuno (lol): da dove viene questa scelta di voler cambiare il nome alla band?
È stata una richiesta della nostra agenzia, l’unica cosa che ci hanno chiesto in realtà. Noi l’abbiamo accolta volentieri perché non ci ha mai fatto davvero impazzire il nome Sadside Project e ci sembrava il momento giusto per cambiarlo. Ci abbiamo messo un po’ a trovarne uno nuovo, fra le varie proposte c’era anche un anno, non ricordo quale ma ci piaceva l’idea che fosse un numero. Da lì a 1789 è stato un attimo, per l’estetica e il messaggio che porta già con sé, prima ancora di parlare di musica.
Quale credete sia il fil rouge che vi tiene uniti al vostro lavoro discografico precedente e quali invece i punti che sono caratteristici prettamente di questo nuovo progetto?
Credo che in Faro ci sia la stessa energia di quando abbiamo cominciato a suonare, insieme alla curiosità musicale e la voglia di sperimentare che ci ha sempre accompagnato e che, in realtà, finisce per differenziare ogni disco dal precedente. Il cantato in italiano è sicuramente la differenza principale con i vecchi lavori, per il lavoro più accurato che abbiamo potuto fare sui testi e la musicalità stessa della parole.
La release del disco c’è stata lo scorso 28 gennaio. Con voi sul palco del Wishlist a Roma sono saliti molti amici musicisti: Margherita Vicario – con cui avete registrato un pezzo nel disco, “L’ultima Volta” – Calzeeni, Giancane, Lepre). Com’è stato performarlo live per la prima volta?
É stata un’emozione unica, volevamo festeggiare con i nostri amici ed è stata la festa che non ti aspetti venga così bene, così tanta gente che canta le canzoni, una risposta stupenda! Poi vabbè sul palco con Giancane, Margherita e tutti i nostri amici musicisti incredibili che hanno partecipato, è stato allo stesso tempo un onore e un’iniezione di coraggio che solo certe persone sono in grado di darti.
In termini di cambiamenti e rivoluzioni, una delle più consistenti è stata certamente quella di passare dall’inglese all’italiano. Come vi siete trovati, sia nel processo di scrittura che in quello di incisione?
È stato un processo quasi naturale. Il bisogno di esprimerci nel miglior modo possibile, di arrivare a chi ci ascolta nel modo più diretto possibile, ci ha portati all’italiano. Già durante le prove le prime volte notavo che Gianluca riusciva ad essere ancora più espressivo e lo stesso valeva anche per me alla batteria, che di solito suonavo più sulla musicalità delle parole che sul loro vero significato. Anche durante le registrazioni delle voci abbiamo potuto fare un lavoro più accurato proprio grazie a questa nuova percezione dei testi e dei cantati.
A proposito dei pezzi: come nascono? Quali sono le vostre fonti d’ispirazione a livello musicale e, a livello più generale, artistico?
Di solito parte tutto da un’idea di riff o un cantato di Gianluca, lo si porta in sala e ci si improvvisa e lavora insieme finché non esce qualcosa di convincente, procediamo cosi. Le fonti d’ispirazione dipendono sempre dal periodo in cui scriviamo perché cambiando gli ascolti che facciamo cambiano un pò anche le curiosità musicali che decidiamo di approfondire. Questa volta ad esempio arrivavano più dagli anni ’80 forse.
Chiedere ai musicisti quale sia il loro pezzo preferito tra quelli della propria discografia è sempre un affronto, ma ce n’è qualcuno a cui vi sentite più legati?
È difficile rispondere a questa domanda perché abbiamo lavorato a fondo su tutte le canzoni e le sentiamo tutte molto vicine. Forse per quanto mi riguarda “Dente del Giudizio” è la canzone che mi smuove qualcosa in più.
I vostri pezzi hanno un appeal molto cinematico, con una narrazione dal gusto un po’ agrodolce che procede per immagini. Nel disco ci sono anche vari campionamenti filmici: da dove vengono?
Vengono da quei film, anime e videogiochi che ci hanno formati e che ancora continuiamo a vedere e rivedere e giocare senza che ci stanchino mai. Il fatto che trattassero dei temi che stavamo trattando anche noi nelle nostre canzoni non è un caso . Abbiamo deciso di farci aiutare da frasi o rimandi sonori per poter dare allo stesso tempo un tocco nostalgico e un colore familiare a chi, come noi, è cresciuto giocando e guardando quei capolavori.
Qual è il vostro personale ‘faro’?
L’abbiamo cercato talmente tanto il nostro ‘faro’ che alla fine ci siamo resi conto che non ce l’avrebbe mostrato nessuno. Eravamo noi stessi a doverci fare strada, suonando.
Per quanto riguarda l’artwork, di cui si occupa Domenico, come descrivereste le vostre illustrazioni e il modo in cui vi rappresentano?
Era la prima volta che mi occupavo completamente del lato grafico, di solito ci facevamo aiutare da illustratori bravissimi, fra tutti Pietro Nicolaucich. Stavolta invece abbiamo scavato tanto per trovare una connessione grafica fra le varie copertine dei singoli, dell’ep, i video e qualsiasi elemento visivo ci servisse, basandoci sulle nostre personalissime sensazioni. Per fare questo è stato utile che me ne occupassi io in prima persona, visto che conosco bene quello che volevamo comunicare anche graficamente.
Mi sono voluto sporcare le mani, come ce le siamo sporcate per registrare Faro, utilizzando inchiostri e tecniche tradizionali prima di arrivare a fare editing al computer e distruggere tutto con glitch e disturbi digitali. L’idea degli origami si sposava benissimo con le tematiche che trattiamo, il concetto, ad esempio, di ricerca di semplicità e ordine nel piegare il meno possibile un foglio per raggiungere il proprio obiettivo negli origami ci sembrava molto calzante e di ispirazione.
Ultima domanda di rito: che programmi avete? Partirà un tour promozionale del disco?
Stiamo lavorando al tour promozionale certo, ancora non abbiamo date da comunicare ma ne arriveranno presto perché suonare il più possibile è assolutamente il nostro obiettivo principale, non vediamo l’ora!
Grazie di nuovo per il vostro tempo e spero di vedervi prestissimo live!
Grazie a te, speriamo a prestissimo!