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BE ALTERNATIVE FESTIVAL: 3-4 Agosto 2024

BE ALTERNATIVE FESTIVAL – Concerti sul lago • Camigliatello Silano

Per raccontare in modo adeguato e dare un’idea di cosa davvero rappresenti il Be Alternative Festival forse bisognerebbe prima fare uno sforzo e provare a spiegare cosa significhi essere appassionati di musica e al contempo essere calabresi -o più in generale meridionali- in un mondo in cui tutti i grandi concerti, fatte salve alcune eccezioni, si «fermano ad Eboli». Perché sì, se di eccezioni parliamo, di fianco a nomi consolidati come Medimex, Locus (Puglia) e Ypsigrock (Sicilia), citando i festival musicali del Sud Italia non si può che fare anche il nome di Be Alternative.

Il festival, presente da ormai 15 anni sul territorio calabrese e alla sua quarta edizione consecutiva nel format “Concerti sul lago, dopo aver portato sui propri palchi artisti del calibro di Baustelle, Kings of Convenience, Nu Genea e Ghemon, quest’anno ha accolto oltre 3000 persone nella pittoresca cornice della Chiesetta di San Lorenzo sul lago Cecita con una line-up varia che ha accontentato tutti (ma proprio tutti).

La prima giornata (denominata Be Color in virtù della collaborazione con l’altro grande nome dei festival musicali calabresi, il Color Fest) inizia alle 13:00 con i dischi di PartyZan (Fabio Nirta&Robert Eno), storico duo cosentino che con la propria selezione terrà compagnia ai presenti fino alla fine del festival, proponendo un dj set eclettico che spazia dai brani di Daniel Johnston a quelli dei The National.

ph Aldo Torchia

Alle 14:30 spaccate, con orari svizzeri come ogni festival che si rispetti, sale sul palco Sara, in arte Her Skin: combattendo il vento che imperversa sull’altipiano, la cantautrice modenese si presenta al pubblico con un set chitarra e voce, 45’ durante i quali prende per mano i presenti con la delicatezza della sua voce e li accompagna in un universo sospeso, in cui i più avvezzi al cantautorato folk possono ritrovare richiami ad artiste come Fenne Lily ed Elena Tonra (cantante dei Daughter, ndr).

ph Alessia Cosentini

Il set di Her Skin finisce con “Ghosts”, inedito che sarà presente nel suo prossimo EP insieme a “Birthday”, e lascia giusto il tempo di spostarsi verso il lago, di fronte al palco principale, per assistere al set dei Marlene Kuntz.

La band di Cuneo, alla dodicesima tappa del tour Estate Catartica arriva sul palco con poca voglia di scherzare: testata Hiwatt per il basso, Mesa Boogie per le chitarre di Riccardo Tesio, la voce e la presenza scenica inconfondibili di Cristiano Godano e un muro di suono che arriva puntuale a spettinare i capelli dei fan in transenna già dalle prime note.

ph Alessia Cosentini

I primi 4 brani arrivano uno dopo l’altro senza soluzione di continuità: “Trasudamerica”, “Canzone di domani”, Fuoco su di te, “1° 2° 3°”, «molte grazie». Poi una piccola pausa, giusto il tempo per ricordare i 30 anni dall’uscita del loro primo album Catartica ma soprattutto per commemorare Luca Bergia, storico batterista e fondatore dei Marlene Kuntz, scomparso tragicamente nella primavera del 2023: «senza di lui questo album non sarebbe mai esistito».

Dopo un lungo applauso da parte del pubblico c’è spazio anche per “L’agguato” e “Infinità”, tratti rispettivamente dagli album Il Vile e Ho Ucciso Paranoia, prima di terminare il set con i brani più famosi di Catartica, tra cui Nuotando nell’aria, sui quali il pubblico si scatena cantando insieme al frontman.

Dalle 17 in poi la cornice del lago Cecita si trasforma: sul palco salgono i Motorpsycho, storico trio psychedelic rock degli anni ’80, con i membri fondatori Hans Magnus Ryan (chitarra) e Bent Sæther (basso) accompagnati dal nuovo entrato Ingvald Vassbø alla batteria. La band norvegese mette in scena uno spettacolo unico, con armonizzazioni vocali precise, basso galoppante e lunghi intermezzi psichedelici in cui la chitarra naviga in un mare di riverbero, delay, big muff e distorsione.

ph Alessia Cosentini
ph Aldo Torchia

Se dovessi immaginare Woodstock io, che di anni ne ho 28, la immaginerei proprio così.

E alla fine arrivano i Kula Shaker, ultimo gruppo della prima giornata di festival. Qualora i Motorpsycho non fossero bastati a darvi un sentore di Woodstock, ecco che entra in scena Jay Darlington: ghirlande di fiori sulla tastiera, lunghissimi capelli bianchi (che a qualcuno potrebbero ricordare lo stregone Saruman) ma soprattutto un vero e proprio Hammond!

La band britannica si unisce all’invisibile filo rosso tessuto dai Motorpsycho e continua sulla scia della psichedelia con uno show in cui si alternano melodie orientaleggianti e gli assoli  di chitarra del cantante e frontman Crispian Mills, poco appariscenti ma molto efficaci.

ph Aldo Torchia

È lo stesso Crispian Mills, dopo più di un’ora di live, a salutare il pubblico esclamando «it’s a pleasure to be in such a beautiful part of the world», prima di congedare tutti con i due brani più famosi della band in rapida successione, “Hush” e “Govinda”.


Il secondo giorno di festival inizia con il cantautorato folk dei Timber Timbre, che danno il via alle danze alle 15:30 con un set che dura un’ora esatta, dove non mancano gli intermezzi strumentali e in cui la band dimostra di sapersi muovere agilmente fra riverberi e fuzz.

ph Aldo Torchia

Ciò che colpisce a prima vista del quartetto, oltre all’attenta distribuzione in così poco spazio (con il cantante e bassista Taylor Kirk circondato da Mike Dubue alle tastiere, Adam Schreiber alla batteria e Marianna D’Ama al mellotron), è l’atmosfera che si crea sin da subito con “Run”, il primo brano: con le spazzole ad accarezzare le pelli della batteria e le tastiere a far da tappeto, non appena la voce angelica di Marianna va ad unirsi a quella profonda del cantante canadese è come se venissimo catapultati nei boschi di Twin Peaks, con il lago a fare da cornice.

ph Aldo Torchia

Subito dopo è il turno di Marco Castello: il cantante di Siracusa, che nell’ultimo anno è passato alla ribalta come uno degli artisti italiani più gettonati, in compagnia della sua fedele chitarra classica e aiutato da musicisti di prim’ordine come Danny Bronzini (chitarrista fra gli altri di Venerus) e Giuseppe Molinari (Kings of Convenience, DAGS!), riesce a unire elementi della musica pop italiana (piccola chicca la citazione a “Com’è profondo il mare” di Lucio Dalla da parte del tastierista Leonardo Varsalona, durante il brano “Palla”) con armonie jazz, risultando in una vera e propria festa che mette tutti d’accordo.

Il pubblico -ma davvero tutto il pubblico- balla e canta dall’inizio alla fine e lo stesso Marco se ne compiace, a tal punto che dopo Beddu, terzo brano del suo set, ringrazia il pubblico esclamando «questo festival secondo me è u megghiu ca c’è».

Menzione d’onore al sassofonista Bruno Tomasello che, come svelato dal cantante siciliano, ha ricevuto la chiamata per il live solo qualche giorno prima ed è riuscito a imparare i brani con pochissimo preavviso. Chapeau, Bruno.

Giusto il tempo di risalire la collina, prendere un bicchiere di vino e uno degli ultimi cuddruriaddri che, con il sole che si appresta a scendere dietro le montagne della Sila per sancire la fine del festival, salgono sul palco gli ultimi artisti di questa edizione: Colapesce e Dimartino.

ph Alessia Cosentini

I due, che cominciano il concerto da seduti, iniziano a cantare e le cose appaiono chiare sin da subito: ragazzi, qui si gioca coi grandi. Citando “Considera”, presente nel loro ultimo album Lux Æterna Beach, tocca dissentire con il duo siciliano:

 

«Il dj da una radio dice che fa bene cantare

Ma chi ha mai saputo cantare?»

 

Trovare due voci all’unisono così chirurgicamente precise da non dar fastidio è raro, tanto che il suono ad uscire dall’impianto sembra essere quello di un disco. In più sul palco si nota subito la presenza, tra gli altri, di Adele Altro (in arte Any Other) e Nicolò Carnesi, due talenti del circuito cantautorale italiano che contribuiscono ad innalzare il livello dello show suonando gli strumenti più disparati, dal sax tenore alle percussioni.

Il live procede per oltre 1h30, in cui i brani più famosi come “Musica Leggerissima” e “Splash” vengono inframezzati da momenti comici (iconico il sipario fra i due «Ma questo posto di chi è, del comune?» «No, è di Brunori») e commoventi, come la canzone “I marinai” in cui risuona la voce del compianto Ivan Graziani.

Sul finale, dopo una lunga coda strumentale, la band concede il bis a un pubblico estasiato eseguendo Majorana e, inaspettatamente, una cover di “Bandiera Bianca” di Franco Battiato.

Ed è sulle note di “Neanche con Dio” che le prime persone iniziano ad avviarsi verso l’uscita, con il sole ormai nascosto timidamente dietro i monti e una luce rossa che permea l’aria di Camigliatello. Anche quest’anno il Be Alternative Festival giunge al termine.

C’è una cosa che non vi ho raccontato: con la seconda canzone del suo set, “Prickly Pear” (che in italiano si traduce in fico dindia), Her Skin racconta di come le relazioni abbiano bisogno di essere costantemente curate, «annaffiate», e che non possano essere lasciate a se stesse, come si fa con i fichi d’india che non necessitano poi di troppe cure.

Ecco allora che le parole di Sara diventano il pretesto perfetto per descrivere questo festival: un territorio così, per quanto bello, se abbandonato a se stesso non riceverà mai la valorizzazione che merita, lasciando un tesoro nascosto sotto un cumulo di polvere.

Va dunque fatto un applauso sincero a Be Alternative e a tutti i ragazzi del loro staff, che ogni anno dimostrano di avere a cuore il proprio territorio e ai quali va il merito di aver contribuito a inserire la Calabria sulla mappa dei concerti nazionali e internazionali.

 

Until next year!

 

credits foto in copertina: Aldo Torchia

Autore:

Marco Pucci