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Ondalternativa

I CANI – Atlantico (Roma), 16.11.2025

Ci sono live report davvero difficili da scrivere. Lo penso mentre fisso la schermata bianca con il cursore lampeggiante sotto il titolo I CANI – Atlantico (Roma).

Forse perché l’ultima volta che ho visto su un palco Niccolò Contessa (e la sua band) risale a circa 10 anni fa. O forse perché per la mia generazione i cani non sono mai stati solo un gruppo da ascoltare o andare a sentire ai concerti, quanto più uno stato d’animo nel quale abbiamo condensato tutto il malessere, le aspettative, il disincanto, la voglia di leggerezza e l’impossibilità di scrollarci di dosso le idiosincrasie sociali negli anni che andavano della nostra post-adolescenza fino ad arrivare all’ormai età adulta.

Per molto tempo credo avessimo fatto pace con il pensiero che magari Contessa aveva trovato finalmente la sua dimensione ideale, scevra dalle luci dei riflettori, lavorando alle produzioni (per il cinema o per altri artisti) e di tanto in tanto facendo qualche incursione nei live di amici, probabilmente per confermare di essere ancora vivo e lottare insieme a noi. Ma post mortem (uscito a sorpresa lo scorso aprile per 42 Records) ha dimostrato che c’era ancora qualcosa che il cantautore aveva bisogno di dirci. E che noi avevamo bisogno di ascoltare da lui. Altrimenti non si spiegherebbe la sfilza infinita dei sold-out in giro per l’Italia con date nella stessa città replicate anche molteplici volte per soddisfare quanto più la richiesta del pubblico.

Non vedevo l’ora che arrivasse questo momento più o meno da quando avevo letto sul suo gruppo telegram che ci sarebbe stato un tour promozionale del disco. Ero curiosa ed emozionata come se quel concerto un po’ dovessi farlo io stessa, e stavolta avevo anche deciso che non mi sarei per nessuna ragione bruciata l’effetto sorpresa consultando la scaletta online. Lo dovevo a Niccolò e alla me che andava a sentirlo al Circolo quando ancora questa cosa di spiattellare i live sui social non aveva preso il sopravvento sulla nostra voglia di goderci l’esperienza della musica dal vivo. Così, ho cercato di scorrere quanto più distrattamente possibile nel feed degli amici che erano già stati alle date precedenti per non imbattermi nei loro video o racconti. Pertanto, vorrei poter scrivere un live report che faccia fede a questa mia premessa, senza rivelare nulla a chi ancora dovrà assistere ai live, ma provando a rievocarne le emozioni per chi c’era.

Perché, diciamolo, a un concerto de i cani non ci si finisce per sbaglio e chiunque sia stato presente ieri (o alle altre date) avrà vissuto con trasporto ogni singolo momento. Non c’è stato un pezzo nelle quasi due ore di spettacolo a non essere cantato a squarciagola, nessun istante in cui la curva dell’attenzione abbia subito variazioni in difetto, niente di sbagliato anche nella scelta della scaletta: abbiamo facilmente perdonato mancanze come “Sfortuna” (comunque intonata dal pubblico nel frangente prima dell’encore), paghi del buon quantitativo di chicche amarcord che invece ci ha riservato).

Sul palco, Contessa è apparso estremamente in forma dal punto di vista performativo, regalandoci un’interpretazione dei pezzi piena di pathos e presebbene, pur sempre con moderazione e con quella tenera austerità che lo contraddistingue. Pronuncia poche essenziali parole; mentre invece perlopiù dialoga con le sue tastiere e i synth, quasi avviluppandosi sopra di essi per ascoltarli meglio; imbraccia la chitarra perché dalle sei note possano uscire elettrizzazioni in grado di pervadere le fondamenta della sua narrazione; gioca con la voce in un modo inedito, addirittura utilizzando dei microfoni che ce la restituiscono lontana, robotica, a tratti aliena. E non è un caso allora se la circonferenza spezzata a mezz’aria rimandi un po’ ad una navicella extraterrestre, chissà.

Quest’aggancio sulla scenografia, mi consente di fare un plauso anche alle visuals davvero incredibili che hanno inondato l’Atlantico di colori e luci strobo, alternandosi a momenti chiaroscurali in cui il gioco di riverberi in penombra ha reso l’atmosfera davvero suggestiva, punteggiando l’inizio (con “io”) e la fine (con “sparire” prima del gran finale). Insieme a lui sul palco, cinque musicisti che tengono le redini dei propri strumenti in maniera precisa, lasciandoci ascoltare come il lo-fi riesca ancora a suonare bene, anche su grandi palchi e anche senza essere formalmente lo-fi. Tra momenti più ritmicamente pulsanti e minimalismi essenziali, che inevitabilmente si fanno carico della quota emotional del live, riescono ad essere i cani insieme a Contessa.

 

Perfetta, infine, la chiusa con un pezzo iconico preceduto dalla prima, l’unica, richiesta che mai sentiremo profferire dal cantautore: mettete da parte i telefonini, ne varrà la pena. A darci il saluto ci pensa “Lexotan” e un piccolo ridimensionato stage-diving. È stato bello, Niccolò! Grazie per averci ricordato che la nostra sciocca, ridicola, patetica, mediocre, inadeguata felicità è tutta qui: tra le note di una colonna sonora che non ha smesso di parlare di noi.

 

Tranquilli, niente scalette su questi schermi.

Immagine che rappresenta l'autore: Francesca Mastracci

Autore:

Francesca Mastracci