TOUCHÉ AMORÉ | COHEED AND CAMBRIA | THRICE
28.10.2022, Estragon (Bologna)
Live report a cura di: Francesca Mastracci
Nei tour che vedono due o più band condividere lo stesso palco insieme, c’è sempre una suddivisione variegata del parterre sottopalco. C’è chi è fan di tutti i gruppi in scena e non si perde nemmeno mezzo set, chi solo di uno o di alcuni di essi e, tra un intermezzo e l’altro, girovaga per la venue tra merch, bar e area fumatori. Il flusso del pubblico si disperde nel cambio palco, per tornare a rimescolarsi pochi minuti dopo, non appena le luci si spengono e sta per iniziare un’altra danza. È un fenomeno affascinante da osservare e rende bene l’idea della vitalità del pubblico come un corpo che si nutre di musica.
Nel settore hard/metal/emo-core capita spesso di trovarsi a concerti del genere, anche perché fare set più lunghi di un’ora e mezza (nella migliore delle ipotesi) tutte le sere sarebbe impensabile per le corde vocali dei cantanti. E a noi, che comunque siamo appassionati del genere e della musica live nel suo complesso, non può che farci piacere ascoltare (e magari appezzare) band che con molta probabilità non saremmo andati a sentire se solo non avessero suonato assieme a quella per cui abbiamo preso il biglietto.
Poi va beh, nel caso in cui ci piacciano tutte le band coinvolte, lì è l’apoteosi.
Nel caso specifico del live che vi sto per raccontare, erano due le band che aspettavo con particolare interesse: una perché ormai la seguo da anni e l’altra perché, sebben più recente e con meno discografia alle spalle, è diventata pian piano una delle mie band del cuore. Sto parlando dei Thrice e dei Touché Amoré, che continuano un sodalizio iniziato già qualche mese fa.
Ad accompagnarli per questo tour autunnale nei club europei si aggiungono i Coheed and Cambria, una band che si trascina dietro tutto un immaginario sci-fi legato alla fumettistica (la saga The Armory Wars, creata dal cantante chitarrista Claudio Sanchez, e che intreccia costantemente le sue linee narrative con l’immaginario creato nei loro album). Conoscevo poco della loro discografia e devo ammettere di essermi ritrovata totalmente trascinata dalla potenza della loro esibizione!
Ma procediamo con ordine.
Le porte si aprono puntuali alle 20 e pochi minuti dopo, giusto il tempo di avvicinaci alla transenna, partono suadenti le note di “The End of The World” di Skeeter Davis, che come da consuetudine apre la scaletta dei concerti dei Touché Amoré da qualche tempo ormai e funge da tappeto per l’urlo di Jeremy Bolm “From peaks of blue come heroine” (da “Come Heroine”).
Da questo momento in poi, si parte, senza sosta. Fanno una sorta di compendio antologico della loro discografia con pezzi tratti dal loro ultimo lavoro in studio, Lament del 2020, passando ovviamente per pezzi più storici come “New Halloween”, “~”, fino alla conclusiva e super catartica “Flowers and You”. Un set breve, di circa 45 minuti che trasuda sensibilità, forza e un’armonia incredibilmente settata bene sul palco, con i controcanti di Nick Steinhardt ad avvolgere la voce di Jeremy sempre sull’orlo di spezzarsi da un momento all’altro tra la forza prepotente delle parti urlate e la fragilità estrema del cantato spoken.
Rapido cambio palco e veniamo letteralmente risucchiati dall’epicità senza tempo dei chitarroni e delle rullate cavalcanti dei Coheed and Cambria. La voce a tratti androgina e il carisma di Carlo Sanchez (che con quella chioma mi fa sempre pensare un po’ alla versione hardcore di Hagrid) tirano le redini ad un collettivo che macina deflagrante ed energico tra virtuosismi, frenesie sincopate e potenti rese strumentali, intavolando una narrazione sonora che tiene tutti gli astanti ammaliati.
Scaletta che ripercorre un po’ a grandi linee la loro discografia, concentrandosi principalmente sul loro ultimo lavoro in studio, Vaxis II: A Window of the Waking uscito lo scorso luglio (la cui copertina campeggia nel poster dietro la band). Dopo circa un’ora e un quarto, chiudono il loro set in un totale bagno di sudore, salutando i fan con la suite distesa di “Window of the Waking Mind”.
Qualche istante, il solito rimestio del pubblico; facce nuove, che erano rimaste in disparte per tutta la serata fanno il loro ingresso nel parterre immediatamente sottopalco. Si trovano tutte le fasce d’età e questo succede quando la band in questione ha una lunga storia alle spalle e non ha mai perso un grammo di stile nel tempo. Benché nel corso del tempo Dustin Kensrue e soci abbiano smussato di molto le punte più acuminate degli esordi, la loro identità sonora resta sempre estremamente definita. The Illusion of Safety (2002) e The Artist and the Ambulance (2003) uscivano ormai 20 anni fa e restano ancora entrambi due gioielli dell’emo/post-hardcore degli anni Zero. Con la ricca discografia che ne è seguita, la band ha tracciato un universo policromo totalmente inspirato, sperimentando in maniera naturale incursioni tra i vari generi per adagiarsi in maniera sempre più accomodante negli ultimi lavori su un tipo di esplorazione melodica alternative.
Ed è proprio questo il taglio preponderante che i Thrice stanno dando ai live da qualche anno a questa parte; la scaletta è infatti impostata per far emergere l’evoluzione che hanno intrapreso, ma senza ovviamente tralasciare il background da cui sono partiti (sono questi i momenti della scaletta che i fan di vecchia data stanno aspettando dal minuto zero). Ed è bello vederli passare da pezzi come “The Color of the Sky” “Black Honey” o “Beyond the Pines” a “The Artist and the Ambulance” “The Red Death” e “The Earth Will Shake”, con cui chiudono l’encore. Il filo di congiunzione, otre alla sostanza sonora che a livello performativo raggiunge una perfezione estrema, è senza dubbio la linea vocale di Dustin, potente e profonda come i testi di cui si fa cassa di risonanza. Un’ora e mezza tutta di filata (a parte qualche problema tecnico in apertura per Eddie Breckenridge al basso, immediatamente arginato), con luci ipnotiche e atmosfere trasognanti.
Tre live completamente diversi l’uno dall’altro, uniti dal comune denominatore di riuscire ai trasudare una devastante ma anche raffinata forza emotiva, che fa perno su quel tipo di energia catartica da cui è impossibile non farsi travolgere.