Bello.
Che ogni tanto va bene anche dirselo subito, senza dover attendere per forza la fine della recensione per capire cosa aspettarsi da un disco. Ed ecco, Aveva ragione Cobain, EP del compositore, polistrumentista, ma anche singolare autore, Lorenzo Raimondi in arte RAI, è proprio così, bello, e prima di ogni altra considerazione mi sembrava giusto premetterlo.
Synth, estetica sonora piacevolmente e non eccessivamente eighties mescolata a testi fortemente contemporanei, nei quali ritrovarsi per la schiettezza delle parole e delle immagini descritte, sono gli ingredienti principali di queste sei tracce, interessanti per personalità e nello stesso tempo opportunamente coerenti nel loro insieme.
Vi si trovano atmosfere alla Electric Youth, Chromatics o ancora passaggi che ricordano il progetto musicale del compositore francese David Grellier, College; situazioni che strizzano l’occhio all’electropop più raffinato di questo secondo decennio degli anni 2000 e che si sentono chiare ad esempio nell’introduzione della traccia di apertura La notte del trentuno o nella base più impalpabile di Amish.
Sembra che RAI in questo disco usi sonorità lievi e crei per ogni brano ambienti musicali sempre gradevoli ai quali ci introduce senza fretta, dando il tempo all’orecchio di prendere confidenza, per poi servirci su un piatto d’argento quello che siamo, grazie a testi non intricati, ma non per questo faciloni, che in tutta trasparenza, nel bene e nel male, parlano di noi, in una sorta di fotografia dell’oggi a colori saturi e qualche lampo di strobo qua e là.
E in fondo a ben pensarci la contraddizione tra suono e contenuto del racconto proposta in Aveva ragione Cobain è proprio la stessa che c’è dentro di noi, sia che si parli di società sia che si parli di singoli. Noi che siamo quelli dei SUV bianchi anche quando guidiamo una Panda, ché certe metafore, lo sappiamo, non valgono solo per chi le incarna alla lettera, noi che non abbiamo tanto paura di uscire di testa ma anzi forse aspettiamo solo l’occasione buona perché accada, noi che di inganni e di intrecci da film è fatta la nostra maschera, come Lorenzo ci dice e ammette in Un finale di Nolan.
Infine appare funzionale la scelta di mantenere basso il numero di brani, e dare vita quindi ad un EP a sfavore della “lunga distanza”, che permette all’ascoltatore di concentrarsi maggiormente sui pezzi proposti, di entrare meglio nel mondo del loro autore, di apprezzarne le sfumature e di fatto quindi avere un’idea migliore del suo portato artistico.
Un album da ascoltare per un progetto interessante da non perdere di vista.
Tracklist:
- La notte del trentuno
- Un finale di Nolan
- Bombe
- Amish
- Aveva ragione Cobain
- Lo yeti impacciato
A cura di: Daniela Raffaldi