Mark Lanegan
Live @ Alcatraz (Milano)
05 – 03 – 2015
Se ci sia ancora qualcosa da dire su Mark Lanegan dopo 30 anni di carriera è effettivamente un dubbio
lecito.
Potremmo considerare ragionevole persino il dubbio di chi si chiede, per l’ennesima volta, perchè
andare.
In fondo Mark Lanegan lo abbiamo già visto molte volte e mentre vestiva innumerevoli vesti. O forse il
crooner di Ellensburg in realtà non si è mai cambiato d’abito riproponendo sè stesso così com’è all’infinito,
in una sorta di ipnosi collettiva in cui atteggiamenti e musica sono ripetuti negli anni come un mantra
liberatorio. In fondo, l’occasione è quella di rivederlo completamente da solo (anche se tecnicamente si
tratta della Mark Lanegan Band) dopo un po’ di anni a proporre un nuovo album, Phantom Radio. E tanto
basta.
Lasciando da parte le osservazioni, anche quelle ripetute a mo’ di mantra, sull’immobilismo e la (scarsa)
verve colloquiale del nostro, non possiamo far altro che prendere nota di una setlist ben strutturata. Come
d’altronde ci aspettavamo, i dischi da cui si pesca maggiormente sono quelli più rappresentativi del nuovo
corso laneganiano: l’ultimo Phantom Radio e Blues Funeral, con vagheggiamenti elettronici annessi.
Il resto
è un continuo oscillare tra momenti alla Tom Waits (When Your Number Isn’t Up, Judgement Time) e
scariche rock vecchie e nuove (Hit The City, The Graveddigers Song). Non mancano poi riferimenti ad alcune
delle sue innumerevoli esperienze collaborative. Vengono infatti citati, immancabili, gli Screaming Trees
con una magnifica Black Rose Way e i Twilight Singers dell’amico Greg Dulli con Deepest Shade (cover
presente nel precedente album Imitations).
Inutile evidenziare, anche qui per l’ennesima volta, come la voce di Lanegan faccia da faro lungo tutta la
durata della serata. Maestria, carisma, capacità di mantenersi coerenti pur non disdegnando esplorazioni
sonore, sono qualità che non si vendono un tanto al chilo.
Mark Lanegan ce lo ricorda ancora una volta.
Bisogna capire se riusciremo a tenerlo a mente fino alla prossima occasione. Quando, come un mantra, ci
chiederemo ancora una volta: perchè andare?
A cura di Captain Eloi
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