Se generalmente ritengo estremamente complicato recensire un disco, per una lista molto lunga di motivi – in cima alla quale metterei l’intrusione che sento di compiere, in qualche modo, nello spiraglio della vita di altri – l’ultimo lavoro in studio di Andrea Laszlo De Simone mi ha inchiodata per tre giorni interi davanti ad un foglio bianco. Non perché su Una Lunghissima Ombra ci sia poco da dire, anzi, ma si tratta di un progetto talmente coraggioso e poliedrico, che la prima paura che si è palesata è stata quella di non riuscire a rendergli giustizia. Coraggioso perché, in un mercato musicale dove ad essere premiata è l’immediatezza, dove funziona ciò che è in grado di catturare l’attenzione nei primi trenta secondi, l’artista torinese si presenta con diciassette tracce, di cui cinque strumentali – l’intro (“Il buio”) e quattro interludi (“Neon””, Diffrazione”, “Spiragli” e “Rifrazione”) – che alternano testi tanto intimi quanto universali ad arrangiamenti che accompagnano questo flusso di coscienza con estrema delicatezza, lasciandogli il tempo giusto per respirare. Poliedrico, invece, perché non si tratta di un progetto esclusivamente musicale. Il percorso dell’ultimo lavoro in studio del musicista torinese è iniziato infatti lo scorso maggio, tramite la pubblicazione di un film con l’ausilio del solo suono ambientale, da ora disponibile nella versione definitiva, completo delle canzoni.
Una Lunghissima Ombra è un progetto audiovisivo in cui ho provato a portare alla luce i pensieri intrusivi, quelli che sono costantemente presenti dentro di noi anche quando stiamo pensando ad altro e che finiscono per proiettare lunghe ombre sulla nostra esistenza. Per farlo mi sono avvalso di una metafora semplice, quella del processo di formazione delle ombre. Ho scelto di rappresentare un “punto di luce” attraverso delle inquadrature fisse della realtà, un “oggetto” attraverso i testi delle canzoni e “le ombre” attraverso la musica. Perché l’ho fatto? Per via delle mie ombre, temo.
Per niente estraneo al mondo cinematografico – tanto da vincere nel 2024, con la colonna sonora de Le Règne Animal, il premio César come Migliore Musica Originale – Andrea Laszlo possiede una scrittura essenziale ed evocativa, i suoi testi si accendono all’ascolto, come pellicole proiettate nella mente. I suoni evocano le immagini, ma lasciano aperti molti spiragli all’immaginazione e tornano ciclicamente, interconnessi in questo strabiliante gioco di luci e ombre che si sussegue armonioso, dove ogni coda strumentale diventa inizio del brano successivo. Accompagnati dalle riprese di Andrea, all’interno del film di cui si è cimentato nella regia, i brani si vestono di una nuova dimensione.
ph. Richard Dumas
Tutto ha inizio da “Il buio”, intro del disco e allegorico passaggio verso il mellotron in apertura di “Ricordo Tattile”, che ricorda un raggio di sole che entra dalla finestra al mattino, e con l’ingresso dell’organo e del pianoforte allarga il suo cono di luce, illuminando tutto; mentre la voce di Andrea, che sembra provenire da un’altra epoca, si intreccia con eleganza ai fiati e i cori. Che sia vivace e calda come ne “La Notte” o malinconica come in “Colpevole”, è una cornice perfetta per le sue canzoni senza tempo.
Ci sarebbe poi da scrivere un capitolo a parte su “Quando”, ultimo singolo estratto del disco. Istantanea precisa di un momento di tormento interiore, ogni singolo elemento di questa canzone si incastra agli altri con tale perfezione da lasciare spiazzati. L’intro, con il rumore nervoso e meccanico dell’aspirazione ed espirazione di una sigaretta (o, almeno, questa è l’impressione), l’organo che entra e distende l’atmosfera, i pensieri che si accavallano fra loro, cercando appigli ai quali aggrapparsi.
E’ colpa della bocca / Stupida / Come me / E del tuo corpo che la tocca/ È colpa dell’istinto/ Agile/ Come me / Che corre sempre dritto al punto
La mente corre alla ricerca di un capro espiatorio che la sollevi dall’assunzione di responsabilità, per arrendersi all’unica conclusione possibile:
Ed io non so spiegarlo / E tu non puoi capirmi.
C’è, infine, la coda strumentale: una lunga pausa dai pensieri, dalle angoscie, un puro istante contemplativo, che è poesia. Io credo che, di canzoni come questa, ne esca una ogni quarant’anni.
Ma ogni brano, in questa disamina delle contraddizioni dell’animo umano, è uno scrigno denso di rivelazioni. Dall’amore incondizionato, quello genitoriale, che torna qua e là, più o meno velatamente (“Per te”), all’assunzione di colpa e alla consapevolezza di aver perso tutto a causa dei propri errori (“Colpevole”, “Un momento Migliore”); per passare a una visione più ampia e distaccata dell’esistenza (“Non è Reale”). L’intero lavoro è ricco di sfumature, pennellate d’artista che emergono anche dopo diversi ascolti. Il cerchio lo chiude la titletrack, in un commiato conciso e disarmante.
Io mi accorgo / Di esser diventato grande / Vedo solo facce stanche / E quando viene sera/ Proietto una lunghissima ombra.
Con quest’ultima, potente allegoria, Andrea Laszlo De Simone si congeda da un album nel quale la cura meticolosa di suoni ed immagini, il peso di cui si carica ogni parola e le meravigliose trame sonore tessute con scrupolosa pazienza, restituiscono all’ascoltatore un’opera piena, penetrante, emozionante. Che richiede tempo. Che resterà nel tempo.
Tracklist
- Il buio
- Ricordo tattile
- Neon
- La notte
- Colpevole
- Quando
- Aspetterò
- Per te
- Un momento migliore
- Diffrazione
- Pienamente
- Planando sui raggi del sole
- Spiragli
- Quello che ero una volta
- Rifrazione
- Non è reale
- Una lunghissima ombra