Nonostante il dilagare della trap c’è ancora qualcuno che ci crede. Ci credono alla grande The Junction. Uno perché con Dive (Dischi Soviet Studio) sono alla loro terza prova. Due perché con il loro mix di indie e post punk ci colpiscono con ruvide cavalcate rock senza fronzoli. Ruvidi e rock, ma con coordinate sonore diverse sono Diraq, che con Outset (Jap Records) ondeggiano tra suoni alla Black Keys, ballate da radio rock FM e occhieggiamenti al pop rock graffiante stile english a la Arctic Monkeys.
1) Ciao!! Presentati/tevi. Da dove venite, chi siete?
Siamo Marco (chitarra e voce), Francesco (batteria e cori) ed Alessandro (basso e cori) e viviamo in provincia di Padova. La nostra band è attiva ormai da più di 10 anni (!), durante i quali abbiamo fatto centinaia di concerti in Italia e all’estero, pubblicato tre LP ufficiali, oltre a vari EP, demo, singoli e video, partecipato a programmi radio/web/TV ecc., senza praticamente mai fermarci.
2) Quale è l’artista che maggiormente vi ha inspirati? Sapreste consigliare un lavoro uscito negli ultimi 5 anni che ritenete veramente degno di nota? Perché?
Le band che maggiormente sono entrate nel nostro DNA musicale sono quelle indie rock e post-punk degli anni 80 e 90. Un nome su tutti per importanza, qualità ed estensione della produzione musicale: Sonic Youth. Un gruppo in ambito rock che negli ultimi anni (in cui sembra praticamente impossibile proporre qualcosa di nuovo) ha qualcosa in più da dire sono gli Idles, in particolare l’album “Joy as an Act of Resistance” uscito nel 2018; veramente coinvolgenti, specialmente nella dimensione live. Un’altra band che invitiamo i vostri lettori a scoprire, un po’ anche per affinità di genere rispetto a quello che suoniamo noi: Metz.
3) Parlateci un pochino del vostro ultimo lavoro. Come è nato?
‘Dive’, che è il nostro terzo disco, è nato innanzitutto dal desiderio onnipresente di creare e suonare musica nuova. Rispetto ai precedenti lavori, ci siamo voluti allontanare dalle melodie più immediate e dalla forma-canzone canonica per provare a realizzare qualcosa di diverso. Un ulteriore impulso verso questa nuovo corso ci è stato dato anche dall’entrata nella band del nostro bassista Alessandro, all’inizio del 2018.
4) Quale è l’artista più sopravvalutato e quello più sottovalutato sulla scena musicale italiana e non e perché?
Gli artisti più sopravvalutati sono forse quelli che provengono dai vari talent show, dato che nella stragrande maggioranza dei casi vengono esaltati e poi dimenticati nel giro di pochi mesi; è questa comunque una realtà idealmente molto lontana da noi e che conosciamo poco. Sottovalutati in Italia a nostro avviso ce ne sono molti, più che altro per ragioni di genere musicale non affine ai gusti del pubblico italiano e/o per la scelta artistica di cantare in inglese rinunciando quindi all’immediatezza dell’italiano (come nel nostro caso!). Qualche nome di band che abbiamo amato in troppo pochi: His Clancyness, Yuppie Flu, Hot Gossip, Trabant, One Dimensional Man e tanti altri che ora non ci sovvengono.
5) Progetti per il futuro?
Suonare Dive il più possibile nella sua dimensione più consona, quella live.