Si chiama Belli Dritti Sulla Schiena il nuovo album di inediti del cantautore polistrumentista pontino Emanuele Colandrea (ex Cappello a Cilindro ed Eva Mon Amour). Uscito lo scorso marzo, il disco vede la produzione artistica di Pier Cortese ed è un viaggio in dieci tappe tra storie e momenti che narrano la vita, la sua ma anche di chi tra le pieghe della sua scrittura da sempre si è riconosciuto. Un disco molto bello, che trova nella semplicità e nella gentilezza gli aspetti imprescindibili per la propria riuscita. Abbiamo avuto modo di scambiare due parole con Emanuele per farci raccontare com’è nato quest’ultimo capitolo della sua discografia.
Ciao Emanuele, intanto grazie per l’intervista. È sempre un piacere per me poter scambiare due parole insieme.
Iniziamo con una domanda di rito: come descriveresti il tuo nuovo lavoro?
Un album di canzoni promemoria ma anche un album di canzoni rotolanti.
Che senso ha per te l’espressione “stare dritti sulla schiena” da cui hai tratto il titolo?
Stare dritti sulla schiena per me significa praticare l’onestà, praticare la gentilezza, non cedere al pessimismo, praticamente una sorta di mantra per me o potrei anche dire una specie di autoterapia.
Ogni traccia (sia di questo disco che in generale di tutta la tua discografia) è come un post-it per il futuro che tratteggia scenari da ricostruire. Tu lo hai descritto come un album che parla di te senza la pretesa di voler essere esplicitamente autobiografico. Quale pensi sia l’immagine che emerge di te dall’ascolto?
Non saprei. Forse sembro semplicemente uno che prova continuamente a rallentare questa giostra e che cerca di fare i conti con quello che gli capita di provare tutti i santi giorni.
Da qualche parte ho letto che “Ok Emanuele” è una sorta di tua personale interpretazione de “L’Avvelenata”. Sei riuscito a toglierti tutti i sassolini dalle scarpe?
È una delle mie passioni togliermi sassolini dalle scarpe! A parte gli scherzi, questa battuta è venuta fuori perché penso di aver cominciato a scrivere “Ok Emanuele” con quello stesso tipo di approccio, dopo l’ennesimo consiglio non richiesto.
Per quanto mi riguarda i consigli erano su come si scrivono canzoni di successo, su come sarebbe meglio assecondare il grande pubblico, come se poi fosse una cosa semplice.
Come nascono le tue canzoni? Una cosa che mi ha sempre colpito del tuo modo di interpretare la tradizione cantautorale italiana è che riesci in modo semplice, attraverso immagini, a rievocare contesti a metà strada tra il ricordo malinconico verso qualcosa che non è più e lo sguardo sognante verso qualcosa che potrebbe sempre iniziare ad essere da un momento all’altro.
Mi piace molto la tua descrizione. Anzi grazie!! Io scrivo, di solito, partendo da un qualsiasi impulso che ha più a che fare con il suono delle parole che col significato e poi prendo appunti, mischio, rimpasto, piano piano comincio a capire di cosa sto parlando e lo assecondo.
Come descriveresti il tuo percorso musicale/discografico? Ti senti di aver fatto il percorso che volevi o comunque di star andando verso la direzione giusta?
Credo di sì, artisticamente sto ancora facendo il percorso che voglio. La direzione giusta dipende dalla meta che ci si prefigge, la mia è quella di poter continuare a fare quello che faccio con onestà e con la giusta serenità.
Visto che ormai pare essere un trend abbastanza diffuso, hai mai pensato di impiegare una forma espressiva alternativa per quello che vuoi dire oltre la forma canzone?
In qualche modo con il disco precedente (“Un giorno di vento”) l’ho già fatto. Insieme al disco ho scritto un racconto che legava tutte le canzoni e anche nei concerti interagivo con un attore sul palco che in certo senso introduceva i pezzi. La forma racconto mi piace, forse lo rifarò in futuro.
Ultima domanda: quale Orizzonte sbagliato guardano i tuoi occhi bellissimi (da: “Un treno per Velletri”, ndr)?
Il mio orizzonte sbagliato è il disco che verrà, sto sempre lì in punta di piedi a cercare di
guardare quali saranno le canzoni che scriverò.
Grazie ancora e un abbraccio.
A te.
A cura di Francesca Mastracci