Gli Stereocut nascono a Milano nel Dicembre 2010. La band è formata da Antonio Capra (voce e chitarra), Paolo Russo (chitarra), Luca Stignani (batteria) e Luigi Lo Curzio (basso). Il brano “Wake Up”- contenuto nel primo Album degli Stereocut – è stato inserito nell’ultimo film del Premio Oscar Gabriele Salvatores: “Il Ragazzo Invisibile”.
Gli Stereocut hanno cambiato spesso formazione ad eccezione dei due capisaldi Antonio Capra (voce e chitarra) e Paolo Russo (chitarra). Ad oggi siete riusciti a raggiungere un equilibrio che vi permetta di rappresentarvi al pubblico come “The noise you were looking for”? riconoscibile. Forse è proprio questa una delle caratteristiche principali della nostra Band: siamo caotici nel nostro essere ma, la nostra musica e il nostro “rumore” è sempre lo stesso, con la stessa energia. Chi ci segue apprezza proprio questo: indipendentemente da chi suda con noi sul palco, il sound è quello Stereocut! insieme. Che poi piaccia è relativo. Ahahahah. I nuovi ingressi Luca Stignani (batteria) e Luigi Lo Curzio (basso) hanno portato nuove sonorità con il loro ingresso negli Stereocut? Antonio: Luigi e Luca hanno portato nuovo colore al nostro sound. Sono potenti ed incisivi, questo garantisce quell’energia che abbiamo sempre voluto durante i nostri show. Sono stati bravi a “colorarsi” del sound Stereocut e sono curioso di ciò che insieme riusciremo a creare per i prossimi dischi. Paolo: Gli ingressi di Luigi e Luca hanno portato un valore aggiunto al sound, modificandolo, dando carattere all’insieme, ma non stravolgendolo. Il brano “Wake up” è stato selezionato da Gabriele Salvatores per entrare a far parte delle musiche del film “Il bambino invisibile”. Sulla vostra pagina Facebook avete scritto “Il brano figura come esterno alla compilation su iTunes, essendo noi purtroppo ancora indipendenti”. Che posizione avete riguardo a questo? Vorreste rimanere indipendenti, avere un’etichetta indipendente oppure puntate alle grandi major? persone che credono nel progetto (etichetta indipendente o major), quindi non possiamo escludere a priori nessun tipo di collaborazione. Di sicuro sappiamo che vogliamo lavorare con chi saprà valorizzare la nostra musica. Sempre sulla vostra pagina Facebook vi siete lamentati del fatto che in tanti vi abbiano detto che avete un bel sound ma che la vostra scelta di cantare in inglese non vada bene. Secondo voi in Italia è più facile risultare interessanti ed originali cantando in inglese o avere un sound dalle sonorità inglesi ma cantare in italiano? lingua che si sposi naturalmente con il genere di musica che scriviamo. Altri fattori che influiscono su questa decisione sono dati: uno, dal tipo di musica che ascolto, e che ascoltiamo come band; due, è motivata dal fatto di avere come sogno, tra i tanti, quello di poter arrivare ad una platea internazionale, e farci ascoltare da chiunque possa apprezzarci. L’italiano questo non lo permette perchè limita territorialmente la nostra musica. Credo che il mercato italiano sia dominato da dinamiche molto particolari: da un lato c’è la domanda degli ascoltatori, che ovviamente indicano le proprie preferenze quando comprano musica, dall’altro, però, ci sono le scelte delle major che, forse, impongono un po’ troppo cosa ascoltare. Da decenni oramai, nel nostro bel paese si ascolta lo stesso tipo di musica, sempre gli stessi generi musicali, mentre “fuori” c’è un continuo evolversi verso nuovi stili. Non a caso le star internazionali da sempre spopolano (nonostante cantino in inglese), portando un’innovazione musicale che da noi abbiamo dimenticato. Credo si debba riflettere su questo: Quando è stata l’ultima volta che in Italia qualcuno si sia stupito per qualcosa da noi prodotta di davvero originale? cantare in inglese. Per essere interessanti bisogna andare un po’ contro quella che è l’opinione comune e comunque bisogna sempre seguire le proprie emozioni e quello che la musica ti da, che sia cantata in inglese o in italiano. Cercare di preconfezionare un prodotto è controproducente. State già pensando/lavorando ad un secondo album? Antonio: Dopo aver perso due dei quattro membri fondatori, i nostri amici – e chi segue la Band – hanno iniziato a chiederci se ci fossimo sciolti. Ciò che non sapevano era che, mentre cercavamo i nuovi membri, io fossi già al lavoro sulle nuove canzoni per il successivo album. Idem Paolo. Il desiderio di scrivere, creare, comunicare non si ferma mai. Un secondo disco quindi già esiste. Ora il lavoro è individuare il modo giusto di produrlo e distribuirlo. Paolo: Il processo creativo non si ferma mai. Dove si vedono gli Stereocut nel futuro? I vostri prossimi obiettivi? Antonio: Il desiderio è poter suonare su palchi importanti, anche internazionali, per poter promuovere la nostra musica. Presente e futura. Questo è l’obiettivo più importante nel medio periodo. Poi c’è il secondo album da produrre, che credo sarà molto più maturo e completo, quindi ci focalizzeremo anche su questo. Guardando “oltre l’orizzonte” ci vedo ancora con chitarre, basso e bacchette in mano a fare “rumore”. È questo ciò che ci rende vivi e credo che l’unico vero obiettivo sia continuare a sentirci tali suonando la nostra musica. Paolo: Ci vediamo su palchi di tutta Italia ed Europa a promuovere la nostra musica, consapevoli della mole di lavoro e sacrifici che ci aspettano. Nel frattempo, seguiteci sui nostri canali! Intervista a cura di Valentina Manzini
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Intervista Stereocut
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