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Ondalternativa

Intervista Danilo Vignola

Intervista a Danilo Vignola, il virtuoso dell’ukulele.

Assieme a Giò Didonna alle percussioni l’artista lucano ha creato un progetto- baluardo unico nel suo genere, tra i più insigni della sperimentazione musicale e culturale, che sta portando in giro su tutta la Penisola, e non solo, con l’acclamato Ukulele Revolver Tour.

Ciao Danilo e benvenuto, è davvero un piacere poter scambiare quattro chiacchiere con te.

Ciao ragazzi, il piacere è tutto mio.

Finalmente una visione di uno strumento (l’ukulele) ben più ampia di quella classica, felice, scanzonata e in stile prettamente hawaiano a cui siamo da sempre abituati..

Beh sì! La mia musica è una dimensione sperimentale e culturale che non ha nulla a che vedere con la tradizione dell’ukulele. Nelle melodie tendo a descrivere le mie radici, non solo di appartenenza ma anche di formazione. Ecco perché si fondono suoni e generi così eterogenei e personali. Del resto: “esprimersi è il diritto di essere se stessi, sperimentare nuove possibilità rende autentici”.

Come sei giunto fino a qui, oggi con questo strumento? Qual è la vostra storia?

Grazie agli studi universitari ho avuto la possibilità di vivere per un lungo periodo in Spagna dove ho conosciuto l’ukulele. Amavo molto l’heavy metal, la musica mediterranea e la chitarra, ma con l’ukulele ho esplorato e vissuto esperienze che non avrei mai immaginato. Vista la sua singolare originalità,e la sua scarsa popolarità in quegli anni (2008), il chitarrino a quattro corde da subito è stato ben accetto negli ambienti alternativi, culturali e di avanguardia. Cosi ho potuto condividere sperimentazioni creative viaggiando in solitaria in mezza Europa dai palchi ai caffè letterari, accompagnando poeti, dj, band, orchestrine, rapper…

In generale come è stata in questo anno l’accoglienza del pubblico italiano nei confronti di questo particolare progetto?

Alla grande! Siamo seguiti e stimati dai grandi virtuosi della musica e da ascoltatori esperti. Abbiamo superato lo scoglio, il limite, dell’identità dell’ukulele, per moltissimi rappresentiamo l’avanguardia della musica moderna, in cui la tradizione si fonde con suoni elettronici e strumenti non convenzionali. Poi anche il pubblico in cerca di intrattenimento accorre sempre più numeroso ai nostri concertini, consapevole sempre più di andare a ballare e a divertirsi in modo del tutto inusuale, non convenzionale.

Ti va di parlarci di “Eleuke 2010”, il premio dagli Stati Uniti che ti ha decretato il miglior suonatore di ukulele elettrico al mondo? Che sensazione si prova a primeggiare a livello mondiale?

Ricordo che durò nove mesi di iscrizioni da tutto il mondo. Erano tanti ed alcuni davvero forti. Quel contest ha rilanciato l’ukulele come popolarità e, cosa più importante, in una veste nuova, alternativa, poliedrica.

La cosa che mi affascina di più del vostro progetto è che, nonostante ci sia la tua tecnica chitarristica in primo piano, la vostra musica non è assolutamente improntata solo sulle rispettive capacità in quanto musicisti di un certo livello.

Dal vivo è tutto un po’ più tecnico che artistico. E’ una necessità dettata dai pochi mezzi e dai dispositivi scarsi che abbiamo in dotazione nei live. Il tutto però è nato dall’ispirazione creativa, dalla scrittura. Le tecniche ce le siamo inventate dopo per la necessità di rendere l’idea compositiva. Le abilità musicali sono frutto più di creatività ispirata che di studio.

Non mi sembrate proprio i tipi che fanno la stessa scaletta per due concerti di fila….della serie “ogni sera può accadere di tutto”…

Dipende, se è un evento per divertirsi, improvvisiamo molti ritmi e melodie in stile tradizionale per accompagnare le danze ed i fasti; potremmo andare avanti per ore. Ma se si suona davanti un pubblico serio ed impegnativo, siamo rigorosi, piuttosto credibili direi. Certi passaggi sono delle vere e proprie equazioni, cervellotici, trovare l’incognita ritmica armonica e melodica che risolve l’evoluzione del tema richiede concentrazione e molta fantasia matematica. In duo, anzi in “uno e mezzo” come preferisco definirci (per via delle dimensioni dell’ukulele) non è semplice.

Quali sono i vostri artisti di riferimento, le maggiori influenze insomma..

Tantissimi, sarebbe troppo lungo. Sintetizzando al massimo: Giò sicuramente Dave Lombardo, il leggendario batterista italo-americano degli Slayer che negli anni ottanta rivoluzionò il metal. Io Paco De Lucia e Leonardo Da Vinci.

Parliamo del pre-concerto: cosa fate? Avete riti scaramantici?

Io birre, Giò un po’ meno.

In “Gino’s Wine” vi è tra gli ospiti al pianoforte il pianista nonché direttore d’orchestra Rocco Mentissi, che non è il solo. Parlateci degli altri protagonisti all’interno del disco.

Oltre a Giò Didonna, percussionista con cui sono in tour, ho suonato con Martin Cockerham, fra i più influenti esponenti del folk inglese degli anni ’60, suonatore di ukulele, leader degli Spirogyra (storica band britannica dei primi ’70) il quale collaborato anche con i Beatles, i Jethro Tull etc…Con Graziano Accinni, virtuoso della sei corde, storico chitarrista di Mango, Mina… e musicologo, inoltre c’è un pezzo in cui suono con gli Smooth Streets Project, validissimo trio jazz composto dai docenti della prestigiosa Accademia musicale Lucana.

Che tipo di strumentazione usate?

Io ukulele soprano, basso e tenore, (ad alcuni ho modificato le parti elettriche per renderli un po’ più accattivanti e meno flosci), collegati a degli effetti per chitarra. Giò suona un mini-set di batteria con timpano rovesciato come grancassa e un doppio pedale per i pezzi più heavy, nonché un set di percussioni che comprende disco armonico, darbuka, cajòn e sonagli.

Ricordiamo i vostri contatti nel web!

Digitando Danilo Vignola, Giò Didonna o Ukulele Revolver uscirà tantissimo sul progetto. Per i contatti sulle personali pagine di Facebook, o su vignoladidonna.tour@libero.it abbiamo anche un sito su Artistica Management (agenzia spettacoli).

Immagine che rappresenta l'autore: Alessandra Sandroni

Autore:

Alessandra Sandroni