Correva l’anno 1991, era anche qui un primo maggio, il primo gruppo che sale sul palco sono i The Gang, band marchigiana, considerata non molto tempo prima “i Clash italiani” prima che si dessero all’italiano. Come da accordi presi avrebbero dovuto suonare “Ombre Rosse”, e invece salgono sul palco leggono il loro specialissimo manifesto, invitando alla sciopero generale. Suonano “Socialdemocrazia” una canzone che criticava fortemente l’allora sodalizio da DC e PSI. Questo precluderà loro ogni futura apparizione radiotelevisiva. Ora molti di voi, e nemmeno io se non mi fossi documentato, non sanno che all’epoca la politica era una cosa seria, e ancor più serio era criticarla. Cosa ci è rimasto a distanza di 26 anni?
Doveva essere la consacrazione di un certo tipo di musica indie, o almeno quella che strizza l’occhio al mainstream, ma così non è stato. A salvare il culo a questo concerto sono state le persone più inaspettate, Gabbani, Ermal Meta e, unico dei cosiddetti “indie”, Brunori SAS.
È chiaro come oramai non ci siano più i budget mostruosi di una volta – grazie al cazzo, chi si iscrive più al sindacato?- comunque gli organizzatori tirano fuori dal cilindro nomi di tutto rispetto. Non so se sia stato un problema di livello tecnico, e può succedere, oppure hanno proprio toppato quegli artisti che erano aspettati alla soglia, e questo sarebbe grave. Fatto sta che questo concerto(ne) 2017 verrà forse ricordato per la pochezza dei concetti espressi, e per le performance imbarazzanti. Anche i presentatori, Camila Raznovich bene ma non benissimo, e il (gg)giovane Clementino, strappatemi gli occhi, non sono stati molto all’altezza della situazione e, anche se ho visto di peggio, non portano a casa la sufficienza.
Capisco la volontà degli organizzatori nel tentare di dare una svolta per levarsi di dosso quelle etichette che gli Elio e le Storie Tese gli avevano dato nel 2013 con la loro canzone “il concerto del primo maggio” – osannata da molti come atto liberatorio verso i luoghi comuni di questo tipo di concerti – secondo il mio modesto parere, e io non sono un cazzo di nessuno, la solita cagata alla Elio, che mischia sapientemente umorismo facilone con delle sfumature intellettuali, oggi lo chiameremo crozzismo. Il risultato purtroppo è stato disastroso, abbiamo lasciato “Bella ciao” in mano al solito gitano, o finto tale, che nemmeno parlava bene l’italiano !
Se dovessimo dare una data per la morte culturale delle sinistra – quella politica è morta da tempo immemore – ecco sarebbe proprio il primo maggio 2017. Ex-Otago, Luci della Centrale Elettrica e Francesco Motta su tutti, peccano per la loro inesperienza nell’affrontare un palco e un pubblico di quelle dimensioni. Lo Stato Sociale è rimandato a settembre non tanto per la performance, non così male dopo tutto, ma c’era davvero bisogno di sparare su un vegetale come il ministro Poletti o su Salvini ? La politica oggi non è una cosa seria e non può esserlo nemmeno criticarla.
Nel 2008 i Ministri cantavano “Tempi Bui” a distanza di quasi dieci anni questi tempi lo sono ancora. Quando un giorno, alla fine di questo decennio, ci volteremo indietro per vedere cosa abbiamo creato cosa rimarrà ? Ben poco io credo. Se la sinistra è diventata esclusivamente diritti civili, tofu, e veganesimo, ed anche la musica indipendente non se la passa meglio.
a cura di: Marco Tantucci