Sono tornati. Dopo 4 anni dalla pausa presa e dichiarata ufficialmente nel 2016 e dopo 6 dall’ultimo album, i Bombay Bicycle Club tornano in studio e con l’inizio del nuovo millennio danno alla luce il loro 5° disco, Everything Else Has Gone Wrong.
Ricco ma non barocco, piacevole ma senza retrogusto di miele, catchy, parecchio, è il caso di dirlo, ma non in quel modo “a tavolino” e un filo stucchevole che ti spinge a fare man bassa di ascolti salvo poi arrivare all’indigestione acustica.
Il lavoro del gruppo londinese semplicemente è proprio bello da tenere in cuffia, come le cose curate e ben fatte, e così sia, se vi sembra poco.
Ok, ma è un disco che ha il potenziale per essere definito, o anche solo percepito, come una pietra miliare, non dico della musica, ma almeno di un genere?
Sinceramente, no.
Davvero, no.
Ma ragioniamoci, di quanti dischi potremmo dire ciò, nel 2020? E quanti cionondimeno portiamo in palmo di mano perché ben costruiti, pensati, con un’identità, un loro nonsoché e una gradevolezza che non è poi così frequente da trovare parlando di un album intero, dalla prima all’ultima traccia.
Con Everything Else Has Gone Wrong i Bombay Bicycle Club fanno inoltre qualcosa di piuttosto coraggioso, ma lo fanno in maniera onesta, senza strafare, non da eroi, ovvero suonare indieoltre 10 anni dopo il suo picco massimo di splendore.
Un’impresa che sembrerebbe di ben poco conto per quasi qualsiasi altro genere in realtà, ma che diventa gigante quando si parla di indie, dove il rischio di essere una brutta copia di un passato troppo luccicante per accettarne la fine è elevatissimo, dove tanti che ci hanno provato hanno ottenuto soltanto il risultato di sembrare fuori tempo massimo e con poco da dire.
Ecco, proprio in queste sabbie insidiose seppur estremamente intriganti, la band inglese decide di non reinventarsi la ruota, ma di prendere quello che possiede e che sa fare e metterlo a frutto di un prodotto che possa avere senso nell’esatto momento in cui prende vita, anche agli occhi e alle orecchie di chi non per forza è un vecchio nostalgico. Lo fa con il giusto studio e la giusta dose di synth, presenti ma mai sovrastanti, con la voce così particolare calda e appropriata di Jack Steadman, con la produzione sapiente e non invasiva di chi ha già lavorato, tra gli altri, con St. Vincent, Sharon Van Etten, War On Drugs.
Particolarmente brillanti su tutti i brani I Can Hardly Speak, il singolo d’esordio Eat, Sleep, Wake (Nothing But You) e, per chi ha voglia di versare quelle lacrime vere e insieme felici col sorriso di chi col pensiero sta già battendo sulla spalla al sé stesso quindicenne, Is It Real, possibilmente da ascoltare in accoppiata col proprio video.
Ma come abbiamo detto tutti i pezzi fanno la loro parte e tutti sono da godere proprio così, in purezza e senza pretese, grati semplicemente di avere una band così ancora viva e vegeta a lottare con noi per la buona musica.
Tracklist:
- Get Up
- Is It Real
- Everything Else Has Gone Wrong
- I Can Hardly Speak
- Good Day
- Eat, Sleep, Wake (Nothing But You)
- I Worry Bout You
- People People
- Do You Feel Loved
- Let You Go
- Racing Stripes
A cura di: Daniela Raffaldi