Live Report Suffocation,
Traffic, Roma,
06/06/2013
Serata di grande amore e tenerezze quella al Traffic; il locale romano ha visto, infatti, alternarsi sul palco ben quattro gruppi metal, uno più violento e diretto dell’altro, finendo alla grande con i Suffocation.
Al nostro arrivo avevano appena iniziato a suonare gli Havok, gruppo thrash di Denver attivo quasi da dieci anni e sicuramente in grado di fare un bello show. Ci hanno ricordato un poco i cari Testament fine anni novanta: quel thrash velocissimo e diretto, con vocalizzi acuti e assoli di chitarra senza pietà. Il frontman David Sanchez è perfettamente a suo agio sul palco, incitando la folla in continuazione e guadagnandosi un generoso pit nelle prime quattro file.
Sicuramente più attesi e ben conosciuti i successivi Cephalic Carnage, anche loro di Denver ironicamente.
I cinque hanno alle spalle più di venti anni di attività che dimostrano alla grande con un grindcore sempre gustosamente originale e sperimentale. Dal vivo hanno confermato tale attitudine, iniziando con la spettacolare Ohrwurm e passando per altri pezzi da novanta come Endless Cycle of Violence, da loro direttamente dedicata agli appassionati di videogiochi… in senso buono, però. Tra discorsi su masturbazione, spinelli e birra, Lenzig Leal, con la sua aria da Ron Jeremy dei poveri, ha intrattenuto tutti e il contatto col pubblico è stato strettissimo. Alternando al loro solito grind, i nostri si sono esibiti con buone dosi di stoner metal e hanno concluso con una “sottile” presa in giro del black metal con la loro classica Black Metal Sabbath, mettendo su ogni tipo di strane maschere e costumi vari.
Alle 23:30 circa, puntualissimi, arrivano i Suffocation che per l’occasione sono accompagnati dal frontman dei Dying Fetus, John Gallagher, dopo che Frank Mullen ha dichiarato di non voler più fare lunghi tour con il suo gruppo.
La band era in ottima forma, esibendosi con diversi pezzi dall’ultimo album Pinnacle of Bedlam, tra cui l’ottimo singolo As Grace Descends, più rivisitazioni dal primo indimenticato e ancora brutalissimo Effigy of the Forgotten, concludendo tra l’altro con Infecting the Crypts. Fluidissimi gli assoli di Terrance Hobbs e gran lavoro alla batteria di Culross, peccato solamente per il ruolo assunto da Gallagher, più recluta d’occasione piuttosto che frontman puro.
Tecnicamente, e su questo c’erano pochi dubbi, Gallagher non ha niente da invidiare a nessuno, il suo growl è riconoscibilissimo e dal vivo si esprime grandiosamente. Quel che mi è sembrato difettare in lui è stata la voglia di stare su un palco davanti a un pubblico non suo, apparendo sempre piuttosto distaccato, nonostante i continui incitamenti al pogo e i diversi giustissimi sfanculamenti nei confronti della scena mainstream.
Serata brutale da cui torniamo felicemente con i nostri lividi e le orecchie martoriate.
Un grazie a Gabbo di No Sun Music e al Traffic.
A cura di Damanio Gerli